
Il governo mette sul piatto 32 miliardi. Le imprese chiedono una prima misura: credito d'imposta al 20% per le aziende esportatrici per sterilizzare gli effetti dei dazi annunciati da Donald Trump. E poi sul tavolo approdano altre richieste da parte delle associazioni di categoria: la sospensione del patto di stabilità e il superamento del green deal. Le cooperative chiedono il rinvio dell'entrata in vigore della sugar tax, fissata al primo luglio.
Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e una delegazione di ministri (Tajani, Salvini, Urso; Lollobrigida, Giorgetti, Foti) incontrano a Palazzo Chigi le associazioni di categoria. Il vicepremier leghista si collega dal Friuli Venezia Giulia perché impegnato in incontri istituzionali. Prima di passare alle possibili misure da adottare nelle prossime settimane, si fa il punto sull'impatto dei dazi.
A depositare il report è Conflavoro. Si stima una contrazione potenziale del Pil di 2 miliardi di euro e un rischio occupazionale per circa 30 mila lavoratori. Tra i settori più colpiti l'agroalimentare (5.700 posti), moda e lusso (4.500), meccanica e automotive (4.500). Seguono arredamento di design (3.400) e cantieristica navale (3.000), ma anche un eventuale calo del turismo dagli Usa potrebbe portare alla perdita di 2mila posti nel settore. Tra le aree più colpite risultano le regioni del Centro-Nord, cuore pulsante dell'export nazionale verso gli Stati Uniti: la Lombardia esporta prodotti per 14,3 miliardi, l'Emilia Romagna 10,4, la Toscana 9,1, poi il Veneto 7,3 e il Piemonte 6,4. Il report sui consumi conferma il dato negativo. Il settore farmaceutico prevede una flessione nei prossimi 3 mesi di 16,5 miliardi di euro di investimenti, ovvero il 10% dei piani.
L'esecutivo prova a rassicurare gli imprenditori con un primo piano di aiuti: 7 miliardi dal fondo energia e 25 dai fondi Pnrr. Un primo fondo di 32 miliardi di euro per superare la fase di emergenza. Nella sala Verde di Palazzo Chigi, dalle 15 in poi, sfilano tutte le sigle: da Confindustria e Confartigianato. Gli incontri si sdoppiano in due fasi. C'è però un punto comune a tutti: no al bazooka di Bruxelles. Le associazioni di categoria consegnano al premier Meloni e ai ministri la richiesta di non aprire una guerra commerciale con gli Stati Uniti. E dunque, il messaggio è netto: non rispondere ai dazi con contro-dazi. Piuttosto, le associazioni chiedono al governo di sostenere, con i soldi del Pnrr, l'esplorazione di nuovi mercati come India, Paesi del Golfo, Australia, Indonesia e Malesia. I fondi stanziati serviranno in questa prima fase a sostenere l'occupazione.
C'è un altro punto che mette d'accordo governo e associazioni: il superamento del green deal che ha rappresentato un macigno per le imprese italiane. «Siamo preoccupati, vorremmo evitare una pandemia economica. Il mondo delle Pmi rappresenta un importante settore negli Usa con un valore delle esportazioni di 18 miliardi, con questi Dazi significherebbe perdere 11 miliardi», dice Marco Granelli, presidente di Confartigianato. Tra le richieste messe sul tavolo la sospensione del patto di stabilità che libererebbe per l'Italia una somma tra i 10 e 12 miliardi di euro. «Abbiamo espresso al governo la nostra grande preoccupazione, perché i dazi giungono in un momento complicato per le nostre imprese. Gli Stati Uniti, che rappresentano più del 10% dell'export complessivo, sono un mercato di riferimento importante per le nostre Pmi.
Riteniamo quindi necessario evitare dazi autoimposti, cioè tutti quegli adempimenti che l'Europa richiede (Green Deal, Cbam, Esg) e che comportano costi importanti che oggi le nostre imprese non si possono permettere», spiega il presidente di Confapi Cristian Camisa.
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