"Si rischia la crisi". Tensione dopo lo strappo M5S, Draghi va da Mattarella

Dopo lo strappo pentastellato alla Camera s'alza l'allarme sulla tenuta del governo. Il premier Draghi va da Mattarella, mentre il centrodestra lancia un appello alla responsabilità

"Si rischia la crisi". Tensione dopo lo strappo M5S, Draghi va da Mattarella

"Avanti così non si può andare": a Montecitorio iniziano a dirlo in molti, soprattutto dopo l'odierno strappo pentastellato nel voto finale sul decreto Aiuti. L'annunciato abbandono dell'aula da parte dei grillini ha aperto una lacerazione insanabile con le altre anime della maggioranza, intenzionate a non prestare il fianco al pericoloso gioco dei 5S. Quanto avvenuto deve aver causato fibrillazioni anche ai più alti livelli delle istituzioni: a quanto si apprende da ambienti parlamentari, premier Mario Draghi si è infatti recato al Quirinale per un colloquio con il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dopo un incontro con alcuni ministri a palazzo Chigi. Al Colle il presidente del consiglio si è confrontato con il capo dello Stato proprio a seguito dell'odierna decisione del M5S.

Strappo 5S, l'incontro Draghi-Mattarella

Tra i due, un faccia a faccia durato poco più di un'ora. Un incontro non previsto nell'agenda del capo dello Stato, che proprio alla luce dei recenti sviluppi politici ha catalizzato l'attenzione. A quanto si apprende da fonti del Colle, al centro del colloquio tra il presidente della Repubblica e il premier c'è stato proprio l'esame della situazione politica internazionale e nazionale. Mattarella ha riferito a Draghi del suo recente viaggio in Africa. Per quanto riguarda la parte più politica, ossia il voto di fiducia, Mattarella non ha commentato eventuali scenari. Al contempo, però, l'inquilino del Quirinale avrebbe ascoltato con attenzione le valutazioni del presidente del consiglio, da giorni alle prese con il tira e molla dei 5S.

Strappo 5S, le reazioni del centrodestra

La consapevolezza che qualcosa si fosse rotto per davvero si era fatta strada, già nelle scorse ore, nel centrodestra, dove le reiterate intemperanze del Movimento avevano subito fatto alzare il livello d'allerta rispetto alla tenuta degli equilibri politici. Il primo a lanciare un monito e un appello alla responsabilità era stato proprio Silvio Berlusconi. "Chiediamo al presidente Mario Draghi di sottrarsi a questa logica politicamente ricattatoria e di prendere atto della situazione che si è creata", aveva dichiarato il leader di Forza Italia, invocando "una verifica della maggioranza al fine di comprendere quali forze politiche intendano sostenere il governo". Le parole di buon senso del Cavaliere sono state l'overture di una sinfonia suonata a più riprese e all'unisono dal centrodestra. "Se una forza di maggioranza decide di votare alla Camera sui singoli provvedimenti, si creano i presupposti per mandare in frantumi la maggioranza, perché si da la stura a voti diversi a forze politiche su una questione piuttosto che su un'altra: così non va bene", ha dichiarato a stretto giro il vicepresidente degli azzurri, Antonio Tajani, assecondando poi la richiesta formulata dal leader forzista in merito alla compatezza dell'esecutivo.

"Draghi ha fatto bene il suo lavoro fino ad oggi (...) Noi vogliamo che Draghi vada avanti. La verifica la chiediamo per capire chi vuole sostenere Draghi e chi no. Noi lo vogliamo sostenere", ha proseguito Tajani. Dello stesso tenore le considerazioni del il sottosegretario alla Difesa e deputato di Forza Italia, Giorgio Mulè. "Dal Presidente Silvio Berlusconi è giunta una doverosa e improrogabile richiesta di chiarezza. L'atteggiamento dei 5 stelle va contro gli italiani in un momento di grande difficoltà, risolvano una volta per tutte il loro disturbo politico bipolare che li fa votare la fiducia ma non votare un decreto che aiuta le famiglie: scelgano definitivamente se stare con lealtà dalla parte del Paese o se voltargli le spalle", ha scritto in una nota il parlamentare azzurro.

Dei rischi legati all'atteggiamento dei Cinque Stelle ha parlato anche la presidente dei senatori di Forza Italia, Anna Maria Bernini. "Il Paese non può aspettare ulteriormente fibrillazioni e penultimatum che rallentano l'attività di governo. Serve un'iniziativa ad horas per verificare se il Movimento Cinque Stelle fa ancora parte della maggioranza, e servono risposte chiare ancora prima del voto sul decreto Aiuti al Senato. Non è una questione di tecnica parlamentare, è un enorme nodo politico che va sciolto senza ulteriori ambiguità. Ognuno si assuma le proprie responsabilità davanti agli italiani", ha affermato la Bernini, aggiungendosi alla raffica di dichiarazioni innescate dall'ennesima prova di forza da parte dei 5S.

Altrettanto esplicita la posizione della deputata forzista Matilde Siracusano, proiettata all'immediato futuro. Ovvero a quel che accadrà in Senato. "Con la decisione di oggi di non partecipare al voto finale sul decreto aiuti, il Movimento 5 Stelle si colloca di fatto fuori dalla maggioranza che sostiene il governo Draghi. La giornata odierna alla Camera è l'antipasto di quanto molto probabilmente accadrà in Senato entro la fine di questa settimana. Dopo questi passaggi è chiaro a tutti che nulla sarà più come prima", ha detto la parlamentare messinese. A fronte di uno strappo così strategico, il deputato forzista Andrea Ruggieri ha lanciato sui social il proprio aut aut ai pentastellati: "Chi vuole venir meno a quell'impegno verso la Nazione e verso il Presidente Mattarella, lo dica chiaramente e abbia il coraggio di ammettere che alla risoluzione delle emergenze di tutti gli italiani preferisce la personale ammuina per tornare più facilmente in Parlamento e al relativo stipendio".

L'iniziale appello di Berlusconi ha trovato appoggio anche da parte della Lega. "Bene la richiesta di chiarimento sull’attività del governo, a cui aggiungiamo la necessità di stoppare le leggi su droga libera e cittadinanza facile. Non è questo che si aspettano gli italiani da questa maggioranza!", hanno commentato fonti del Carroccio.

A quanto pare, che i Cinque Stelle lo volessero e o meno, un test sulla loro condotta è arrivato davvero e prima del previsto. Quel colloquio non previsto tra Draghi e Mattarella lascia davvero poco spazio alle interpretazioni.

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