Il solito dilemma degli esponenti della società civile, quando si imbattono in un partito o una coalizione che li invita a scendere in politica e presentarsi al giudizio degli elettori. Si scontrano inevitabilmente la necessità di ritrovarsi i voti garantiti da un apparato con l'ambizione di lasciare in secondo piano loghi e segreterie.
Sta diventando un caso di scuola la candidatura ufficiosa a sindaco di Napoli del pm Catello Maresca, invitato dal centrodestra a correre in una città governata da decenni del centrosinistra. Il magistrato gode di stima generale per come ha amministrato la giustizia nella sua città, ma per quanto riguarda la sua sensibilità politica, è un personaggio tutto da valutare. Finora ha posto condizioni nette alla coalizione moderata che l'ha cercato: correre senza bandiere di partito, una sorta di listone civico scolorito dell'identità. I primi effetti si stanno rivelando deludenti, come attesta il fresco sondaggio sulle elezioni autunnali che danno l'ex ministro Gaetano Manfredi (M5s-Pd) in vantaggio di 12 punti sulla toga napoletana. Un dato che sorprende per l'anomalia. Maresca, al momento, sarebbe l'unico candidato moderato nelle grandi città a partire con un handicap così grave. Sia Enrico Michetti a Roma che Paolo Damilano a Torino risultano invece in testa alla rilevazione d'apertura.
La percezione del fenomeno è immediata: dove il candidato è riconoscibile come espressione dei tre partiti del centrodestra (Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia) le chance di successo sono concrete. Per ora la rigidità di Maresca sta creando frizioni che andranno ricucite in un prossimo vertice. Per un aspirante sindaco che proviene dall'esterno del Palazzo, la vera questione non è inviare segnali di distanza al proprio elettorato di riferimento, ma differenziarsi nell'azione amministrativa una volta insediato. Esistono anche prima del voto strumenti per fare valere la propria specificità civica, prima fra tutta una lista personale, in aggiunta ai partiti ufficiali, che può misurare il valore aggiunto del candidato e consentirgli di costruirsi il nucleo di una squadra di governo.
Chiedere ai partiti di fare passi indietro nelle metropoli rischia solo di creare sacche di astensionismo o difficoltà a cogliere il senso di un'operazione politica.
Le dinamiche relative ai piccoli comuni, dove la persona sovrasta l'organizzazione che la presenta, non sono replicabili dinanzi a centinaia di migliaia di elettori. Indicare da che parte si sta aiuta il cittadino a schierarsi a sua volta. E a scegliere per il meglio.
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