Parigi «L'anti-razzismo si trasforma ancora una volta in paranoia», commenta il settimanale di sinistra Marianne, critico di fronte alla proposta di due accademici che vivono e insegnano negli Stati Uniti. Ospiti dell'Assemblea nazionale francese, alla vista di un'opera d'arte che celebra l'abolizione della schiavitù nel 1794, la regista franco-senegalese Mame-Fatou Niang e il romanziere francese Julien Suaudeau hanno infatti lanciato una petizione per rimuovere uno storico dipinto murale. Tanto significativo quanto gustoso.
L'8 aprile scrivono una lettera di denuncia all'Obs, intitolata «Banalizzazione del razzismo nell'Assemblea nazionale: apriamo gli occhi». L'accusa ai maggiorenti di Palazzo Borbone è d'aver esposto in un corridoio istituzionale per 28 anni l'opera di Hervé Di Rosa, che ritrae una catena spezzata tra due volti sorridenti. Mai ricevuto accuse di razzismo, semmai elogi per il significato opposto.
Dal '91 il dipinto attira sguardi e fa riflettere. Ma i protagonisti del murale, per l'appunto neri, con labbra «oversize», riprodurrebbero lo stereotipo razzista. Peccato che tutti i personaggi di Di Rosa abbiano questa caratteristica, indipendentemente dal colore della pelle. Niente da fare.
L'onda di indignazione a comando fa proseliti e all'improvviso il murale è un affronto: «Che dire di questi occhi sporgenti, dei sorrisi beati e carnosi?», insistono i firmatari, «rappresentazione umiliante e disumanizzante, va rimosso».
Assurdità simili trovano terreno fertile anche alla Sorbona: studenti rei di voler usare «maschere nere» nelle Supplici di Eschilo, tacciati di razzismo e rappresentazione cancellata lo scorso 28 marzo.
Vai a spiegare agli attivisti aizzati dalla Lega di difesa nera africana (Ldna) che si trattava solo delle Danaidi provenienti dall'Egitto, quindi dall'Africa. Il ministro della Cultura francese Franck Riester bollò come «attacco senza precedenti alla libertà di espressione» e l'ottusa descrizione della street art di Di Rosa comincia a sua volta ad avere effetti. La foto dell'opera è stata tolta dal sito dell'Assemblea nazionale e l'artista non sa se l'affresco rimarrà esposto.
Alla tv francese confida d'essere stato «colto alla sprovvista» dalla petizione che, ironia della sorte, chiosa: «Apriamo gli occhi». E la mente, quando?, si chiede lui. «I miei personaggi - qualunque sia il loro colore, genere o caratteristiche fisiche - hanno sempre avuto grandi labbra rosse». «È libero di creare ma ho un problema - ribatte la promotrice del boicottaggio - quando sono di fronte a un'opera di commemorazione dovrei essere invitata a riflettere, non essere arrabbiata o disgustata».
Su Change.org la petizione ha ottenuto poco più di 2.600 adesioni in dieci giorni. «Censura tipicamente anglosassone, non dovrebbe succedere che una sensazione, o il risentimento di alcuni, diventi legge», dice l'artista.
«Mi sono battuto tutta la vita contro il razzismo e sto esponendo con 71 artisti da Kinshasa al Miam di Sète, i firmatari semplicemente non hanno capito nulla, o vogliono rimproverare anche a Picasso di aver dipinto donne orribili?».Sarebbe effettivamente come se le persone in sovrappeso si sentissero offese dalle opere di Botero. L'universo fantastico di un'artista frainteso stavolta a uso e consumo dell'ideologia anti-razzista.
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