Speranza firma lo stop allo sci. "Troppo alto il rischio varianti"

Il ministro: blocco fino al 5 marzo e subito ristori. L'ira dei governatori: "Gravissimo, così non si può continuare"

Speranza firma lo stop allo sci. "Troppo alto il rischio varianti"

In bilico fino a poche ore dal via. Con i gestori degli impianti che hanno saputo solo nel tardo pomeriggio che stamattina, giorno in cui scadeva il blocco dello sci previsto dal Dpcm in vigore, la stagione non sarebbe ripartita come speravano e come pure il governo aveva previsto non prorogando il divieto in scadenza oggi, come ha fatto per gli spostamenti tra regioni. Il provvedimento del ministro Roberto Speranza, arrivato sul filo di lana, vieta lo sci amatoriale fino al 5 marzo. Colpa della variante inglese, che rappresenta il 17,8 per cento dei contagi, e della sua elevata trasmissibilità. Il governo si è impegnato a compensare al più presto gli operatori del settore con adeguati ristori. «Gli indennizzi per la montagna devono avere priorità assoluta», dicono i ministri dello Sviluppo economico e del Turismo, Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia.

Molti governatori erano pronti, con tanto di ordinanze già firmate - l'ultima ieri quella del presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga - per regolare l'afflusso degli sciatori sulle piste, seppur a capienza ridotta. Ma poi la situazione dei contagi ha cominciato a preoccupare e il Comitato tecnico scientifico ha lanciato l'allarme che ha fatto tornare sui propri passi l'esecutivo. Gli esperti del Cts erano stati chiari nel dire che non c'erano le condizioni per far ripartire lo sci adesso con le varianti più contagiose del virus in circolazione. Impostazione ribadita ieri dal consulente di Speranza, Walter Ricciardi, che ha sottolineato come sono stati proprio gli impianti di risalita in Svizzera il veicolo per l'ingresso della variante inglese in Europa. «Riaprire, soprattutto in alcune regioni dove la variante riguarda il 20-30 per cento dei casi, è fuori luogo», ha detto. «Una follia totale» far tornare la gente in montagna anche per Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all'Università di Padova. Nel rispondere al ministro, che aveva chiesto un parere agli scienziati prima di prendere la sua decisione, il Cts aveva citato il documento dell'Iss sui numeri «alquanto preoccupanti» delle mutazioni del virus, che hanno portato alla creazione di diverse zone rosse. Dopo aver valutato i dati il Cts aveva sconsigliato di dare il via libera allo sci. Per gli scienziati le misure previste dalla divisione del Paese in fasce di colori ha dimostrato un'efficacia contenitiva di intensità crescente. «Ogni azione di rilascio - scrivono nel parere - va valutata con cautela rispetto al possibile impatto. Infatti, le misure previste per le zone gialle dimostrano una capacità di mitigare una potenziale crescita dell'incidenza ma non determinano sensibili riduzioni, che si osservano per le zone arancioni e rosse». E in questo momento nelle regioni in aree gialle «non ci sono le condizioni per ulteriori rilasci delle misure contenitive vigenti, incluse quelle previste per il settore sciistico».

Il dietrofront in extremis ha gelato i governatori. «Una decisione dell'ultimo secondo che dà un ulteriore colpo gravissimo a un settore che stava faticosamente riavviando la propria macchina organizzativa», attacca il presidente della Lombardia, Attilio Fontana. Sconcertato il governatore dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini: «Solo una settimana fa il Cts aveva validato la riapertura di queste attività in zona gialla attraverso linee guida molto stringenti, formulate dalle Regioni in accordo coi gestori e secondo le indicazioni degli stessi tecnici».

In Veneto il presidente Luca Zaia, che aveva già firmato un'ordinanza per riaprire le piste della sua Regione, prende atto del provvedimento «in zona Cesarini» di Speranza sottolineando come metta in crisi tutti gli impiantisti: «Bisogna provvedere immediatamente ai ristori, ma anche agli indennizzi per il danno ricevuto». Allibito dalla decisione il governatore del Piemonte, Alberto Cirio: «È una mancanza di rispetto inaccettabile da parte dello Stato che dovrebbe garantire i suoi cittadini, non vessarli».

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