Il Cts gela le speranze dei tifosi: troppo presto per aprire ulteriormente gli stadi. Per ora non ci sono le condizioni epidemiologiche. Avanti così, dunque, con mille spettatori sugli spalti, non di più, per almeno altre due settimane, quando saranno meglio definiti gli effetti della riapertura delle scuole sulla curva dei contagi. Perché è quella la priorità, come sempre sostenuto dallo stesso ministro Roberto Speranza.
Il Comitato tecnico scientifico si è riunito ieri per decidere se allentare le regole sulla partecipazione del pubblico delle manifestazioni sportive, ma dopo aver analizzato il documento ricevuto dal ministro e predisposto da Regioni e Province autonome, ha dato parere negativo alla richiesta di aumentare al 25 per cento la capienza. In linea con l'atteggiamento rigoroso sempre tenuto da Speranza e dalla maggior parte degli scienziati. «Comprensibile e giusta la prudenza del Cts. I cosiddetti raduni di massa che mettono insieme decine di migliaia di persone, purtroppo, in corso di pandemia sono le ultime attività da riaprire. Davvero difficile che si potrà rivedere uno stadio pieno quest'inverno», commenta l'epidemiologo Pierluigi Lopalco. Qualche giorno fa Andrea Crisanti, professore di Microbiologia all'Università di Padova, aveva definito «da irresponsabili» l'idea di riaprire gli stadi adesso. Calcio, ma non solo. Il parere degli esperti riguarda gli eventi delle diverse discipline sportive e delle diverse serie, considerati «la massima espressione di criticità per la trasmissione del virus». «Sulla base degli attuali indici epidemiologici ed in coerenza con quanto più volte raccomandato - sostiene il Cts - non esistono al momento le condizioni per consentire negli eventi all'aperto e al chiuso, la partecipazione degli spettatori nelle modalità indicate dal documento predisposto dalla Conferenza delle Regioni e Province autonome». Proposta che verrà riconsiderata sulla base dei risultati del monitoraggio di impatto delle riaperture della scuola e della pubblica amministrazione. Tra non meno di quindici giorni, dunque.
Pur definendo «un corpo senz'anima» lo stadio senza tifosi, il presidente della Figc, Gabriele Gravina auspica «una riapertura graduale, ma coerente con le norme di sicurezza». «Applicando la stessa attenzione e severità nel rispetto dei protocolli, come abbiamo dimostrato di saper fare nei mesi scorsi - sostiene il numero uno del calcio italiano - siamo convinti di poter dare la possibilità ai nostri tifosi di vivere appieno le manifestazioni. Il mondo del calcio è potuto ripartire grazie ai tamponi fatti ogni 4 giorni alle squadre, ma d'ora in avanti sarà obbligatorio farli solo 48 ore prima delle partite. Era una pratica molto invasiva, ma la posta in palio era molto alta». Per Gravina «è fondamentale avere il pubblico allo stadio», pur nella consapevolezze che la riapertura dovrà avvenire con «la massima gradualità». «Ho condiviso con Conte e Speranza di dare priorità alla scuola. Attendiamo i risultati, sperando che ci sia un rimedio veloce alle criticità espresse in questi primi giorni», dice il presidente della Figc.
Alle partite, dunque, non potranno assistere più di mille persone, sempre nel rispetto delle norme in vigore, che prevedono la prenotazione e la pre-assegnazione del posto a sedere con seduta fissa e il rispetto delle misure di distanziamento.
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