Stupri, risse e rapine. Le baby gang d'Italia adesso fanno paura. "Sempre più violente"

Il fenomeno nel primo (e unico) studio sulle bande giovanili. Ma arriva anche il report del Servizio analisi criminale ministero della Giustizia: "I reati commessi dai minori sono in continuo aumento"

Stupri, risse e rapine. Le baby gang d'Italia adesso fanno paura. "Sempre più violente"
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Sono sempre più piccoli, quasi bambini. Sempre più numerosi e ora hanno alzato il tiro. Con quella violenza esagerata che ha (quasi) mai una risposta davanti alla domanda «ma perché lo hai fatto?». Agiscono in gruppo per diventare più cattivi, spesso così, un po' a caso, senza un motivo e quel che è ancora più grave senza averne neanche la consapevolezza. Né prima né dopo. Sono i primi «aggiornamenti» della fotografia delle baby, anzi «teen» gang del nostro paese. Lo scorso anno il Servizio Analisi Criminale ha realizzato, in collaborazione con il centro di ricerca Transcrime dell'Università Cattolica e con il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità, il primo report di monitoraggio a livello nazionale. Numeri, dati e anche una mappa (la vedete nel grafico a fianco). Già lì erano chiare, fra tante, tre cose. Uno: definirle gang è comodo ma sbagliato. «Specie al nord - spiega Marco Dugato, ricercatore di Transcrime - perché non sono organizzate in una struttura. Si tratta di ragazzi che si ritrovano non necessariamente con finalità criminali, ma che in alcuni casi finiscono per compiere azioni violente». Azioni spesso estemporanee «non pianificate e senza una finalità economica», conseguenza di un impeto che tracima oltre misura. Due: dentro ci sono sia ragazzini che provengono da contesti difficili, sia giovanottini di buona famiglia specie al nord. Tre: la spacconata che degenera ha bisogno sempre più di essere alimentata da cellulari e social.

Il nuovo «scatto» realizzato dal servizio Analisi Criminali pronto entro ottobre aggiunge due elementi: il numero dei reati commessi dai minori è cresciuto ed è aumentata la violenza che li accompagna. I fatti di cronaca degli ultimi tempi parlano da soli. Caivano, Palermo sono solo i più clamorosi. «Nei singoli episodi assistiamo a una violenza efferata, gratuita e immotivata - commenta Stefano Delfini, direttore del Servizio Analisi Criminale - Certo la violenza non è mai motivata ma talvolta c'è un uso smodato, anche nei casi di violenza sessuale, e una assoluta mancanza di empatia con la vittima, quindi anche una incapacità a relazionarsi con gli altri». Basta pensare «alla frase pronunciata da uno degli autori delle violenze sessuali di Palermo mi sono rovinato la vita, nessun pensiero è stato dedicato alla vittima, si è concentrati esclusivamente su se stessi». Non solo. «Un altro fattore che è emerso da questo approfondimento e che continua a essere molto rilevante in queste dinamiche è anche l'utilizzo dei social, con il pericolo di emulazione, e una mancanza di educazione all'uso della rete e di consapevolezza dei rischi e delle possibili conseguenze».

La riflessione da fare per Delfini riguarda anche i modelli che circolano sulla rete «ai quali i ragazzi spesso si ispirano e che molto difficilmente sono modelli realmente positivi. Pensiamo a tanti artisti trap che inneggiano al mancato rispetto delle forze di polizia o delle istituzioni, o che si fanno vedere mentre esaltano l'uso di sostanze stupefacenti o con mazzette di banconote - dice - Sono modelli che non aiutano chi non ha una maturità tale da riuscire a distinguere quello che è virtuale, anche se ormai non si parla più di online e offline ma di onlife, dove finisce il fisico comincia il virtuale, non esiste più un confine netto». Così come era da intuire il male si sta trasformando in peggio. «Nel 2022, rispetto all'anno precedente, abbiamo registrato un aumento sia della percentuale di segnalazioni di reati commessi da minori sia un aumento dei reati che denotano violenza, come percosse, lesioni, rissa. In misura minore aumentano anche furti e rapine». Cosa fare? Reprimere. Certo.

Ma curare prima. Nel report che uscirò a ottobre, sono andati a capire chi c'è dietro quei numeri e dove si è inceppato il meccanismo. Per intervenire, fin dalle elementari dicono, perché ormai i segni di disagio sono già nei bambini.

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