Il ministro Gilberto Pichetto lo aveva detto da tempo. La road map europea che vuole fermare la produzione e vendita di auto con motori tradizionali entro il 2035 era troppo stretta. Per il titolare dell'Ambiente e della Sicurezza energetica (ex ministero dell'Industria o della Transizione) non si poteva rischiare il destino un'intera filiera produttiva. Ora, a tre mesi dall'insediamento del governo, il percorso comincia a rallentare.
Perché?
«A Bruxelles si sono resi conto che la nostra netta posizione di contrarietà, a cui si sono aggiunte le perplessità della Germania insieme con quelle di altri Stati membri, una volta formalizzata poteva creare le condizioni per la crescita di una minoranza di blocco. Di fronte a questa eventualità si è pensato che era meglio fermare tutto, almeno per il momento».
Qual è il risvolto pratico?
«Che l'adozione del percorso Fit for 55 non verrà posto in votazione alla prima riunione del Consiglio dei Ministri europei. L'indicazione di voto in sede Coreper (l'organismo dove l'Italia ha espresso la propria contrarietà, ndr) è un passaggio preparatorio e obbligato. Senza quello l'auto elettrica per semplificare non può andare al Consiglio».
Avete fermato tutto, con buona pace degli ambientalisti estremisti
«Diciamo che è un passo importante perché ha fatto prendere coscienza di quanto sia assurdo fissare una data secca al 2035 per fermare la produzione di motori endotermici. Però non è una questione ambientale, attenzione: noi non abbiamo mai messo in discussione l'obiettivo finale della decarbonizzazione. Ma sosteniamo che i target vadano perseguiti con un percorso di transizione economicamente sostenibile e socialmente equo».
Anche perché non c'è solo il motore elettrico.
«Certo. Io e il governo italiano abbiamo la convinzione che la scelta del motore elettrico non sia l'unica e obbligatoria via da percorrere».
Il risultato raggiunto è merito dell'Italia?
«Credo che debba essere ascritto al governo italiano. È una posizione che abbiamo assunto da tempo. Tanto che al Parlamento europeo tutti i partiti che formano la maggioranza in Italia, all'interno dei loro rispettivi schieramenti, hanno votato contro».
Anche la Germania è contraria.
«Mi pare che la posizione della Germania sia maturata in questi ultimi giorni».
La Francia, con cui è in corso a Roma un bilaterale su questioni economiche, non fa invece parte del vostro gruppo.
«L'Unione europea è come un consorzio, dentro il quale ognuno ha interessi propri. Da difendere. La Francia ha probabilmente di fronte una sfida energetica con costi molto diversi dai nostri, anche grazie al nucleare».
Ma a questo punto cosa succede nel processo decisionale del «Fit for 2055»?
«Il rinvio del Coreper implica il blocco della calendarizzazione per trasformare questo dossier in norma comunitaria. E se non c'è una calendarizzazione il tema rimane aperto per ogni valutazione».
Oltre a Italia e Germania si sono espresse allo stesso modo anche Polonia e Ungheria. A questa minoranza già importante così si uniranno altri Paesi?
«Altri potrebbero seguire l'esempio italiano, ma non mi sbilancio».
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