Tajani, no terzo mandato. "Dopo 10 anni si cambi"

Il leader di Forza Italia: "Governatori, non padroni. Su Sala lavoro di squadra, senza fare clamore"

Tajani, no terzo mandato. "Dopo 10 anni si cambi"
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De Luca? Zaia? Macché, la questione è un'altra. «Siamo contro il terzo mandato - dice Antonio Tajani- non contro quel governatore o quell'altro, ma perché in democrazia è bene che dopo 10 anni un presidente di regione non diventi un padrone assoluto ma lasci il passo, magari ad un rappresentante della stessa coalizione».

Il leader di Forza Italia, come molti altri in jeans e felpa blu con la scritta «Azzurri in vetta», lo dice da Rivisondoli, dove apre tra la neve la manifestazione invernale. Sa che nel centrodestra la Lega non condivide la posizione del suo partito, anche se il governo ha impugnato la legge campana che permetterebbe a De Luca di ricandidarsi per la terza volta. Così, aggiunge: «Lo diremo ai nostri alleati, perché siamo diversi ma leali fino alla fine, che non vuol dire sottomessi, vuol dire che le cose le diciamo in faccia e mai colpiamo dietro le spalle». Nazario Pagano, coordinatore di Fi in Abruzzo e organizzatore dell'evento, che non si teneva più dal 2017, dà il «benvenuto a 1200 metri di altitudine» ai partecipanti che affollano la sala, ministri, governatori, capigruppo, dirigenti, parlamentari, comuni militanti, «Il nostro movimento politico - sottolinea- cresce costantemente, lento pede, non in modo emotivo ma ragionato».

Parla di «passo da alpino» Tajani, che conquista un piccolo spazio per volta e lo consolida. L'ultimo sondaggio parla di 11,3% e il segretario azzurro ricorda che l'obiettivo è il 20%. «Sarebbe il miglior regalo per il compleanno del 2027 di Silvio Berlusconi». In Abruzzo, dove Fi ha ottenuto «uno straordinario risultato alle regionali», il leader insiste su nuove regole per la cittadinanza, e definisce «la battaglia delle battaglie la riforma giustizia sulla separazione delle carriere, che non era un capriccio di Berlusconi e non danneggia l'immagine del magistrato, anzi».

Tajani rivendica il lavoro diplomatico di squadra, in silenzio, per la liberazione di Cecilia Sala. «Chi è al governo non deve fare propaganda, deve ottenere dei risultati. Non serviva fare clamore, abbiamo lavorato in perfetta sintonia, Farnesina, Palazzo Chigi, Intelligence», rivendica il vicepremier e ministro degli Esteri.

Deve cominciare il panel sulla montagna e i borghi, ci sono ministri pronti a intervenire come il titolare per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, governatori come quello del Piemonte Alberto Cirio, poi seguirà il dibattito sulla giustizia, moderato da Pagano che guida la commissione Affari costituzionali della Camera, con il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, il presidente del gruppo di Fi in commissione giustizia del Senato Pierantonio Zanettin e l'azzurro Enrico Costa.

Ma tutto si ferma quando Tajani, vitreo, sale sul palco e annuncia «una brutta notizia», la morte di Luca, un militante venuto qui per l'evento.

Il leader azzurro in apertura aveva parlato di un incidente ma si sperava in un esito positivo, invece poi si parla di suicidio e la sala ammutolisce. La due giorni si interrompe, Tajani annuncia che ci sarà solo la messa domenicale, dedicata a lui, un azzurro doc.

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