È il giorno dell'orgoglio. Adesso che dopo trent'anni Matteo u siccu è dentro, associato alle patrie galere, sbattuto finalmente in un carcere di massima sicurezza e inchiavardato, lo Stato può gonfiare il petto, almeno per 24 o 48 ore. Giorgia Meloni vuole trasformare il 16 gennaio in una festa nazionale, più sobriamente Sergio Mattarella si accontenta di raccogliere il senso civico unificante dell'arresto del boss e di prolungarlo il più possibile. I reparti del Ros in assetto di guerra si aggirano ancora per i reparti della clinica, Messina Denaro è in volo scortato verso una località segreta, quando il capo dello Stato alza il telefono e «si congratula con il ministro dell'Interno e con il comandante dei carabinieri» per la cattura «realizzata», ci tiene a ricordare, «in stretto raccordo con la magistratura».
Poche parole, asciutte, quasi fredde. Lo stretto indispensabile, eppure arrivano da un presidente che la tragedia della mafia l'ha vissuta e sofferta di persona, quando si è trovato tra le braccia il corpo insanguinato del fratello Piersanti. Ora, sempre nella sua Palermo, finisce nella rete l'ultimo capo stragista e dopo trent'anni la battaglia a Cosa Nostra appare a un punto di svolta. I ritardi? Le complicità? La latitanza tranquilla di Messina Denaro? Quello che conta per Mattarella è il risultato, la rivincita repubblicana, lo spirito di unità nazionale, i titoli in festa dei giornali stranieri. E i complimenti arrivati dal dipartimento di Stato americano, che considera l'arresto «un successo significativo e una coraggiosa dimostrazione degli sforzi per combattere la mafia». E le parole Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo: «Il mondo e più sicuro oggi». L'Italia insomma che fa bella figura e ottiene un'affermazione prestigiosa e senza colore politico, frutto della fatica di investigatori e magistrati che hanno continuato a lavorare sodo a prescindere da chi fosse in quel momento a Palazzo Chigi.
E di «vittoria dello Stato», nel senso di comunità, parlano un po' tutti, da destra al centro a sinistra. «La lotta alla mafia non conosca tregua», dice Ignazio La Russa. Il presidente della Camera Lorenzo Fontana dedica «un pensiero commosso a Falcone, Borsellino e Livatino». Felice Silvio Berlusconi: «Vince il diritto, vince la giustizia, vince l'Italia intera. Lo Stato è più forte di Cosa Nostra». Per il ministro della Giustizia Carlo Nordio «si chiude davvero una delle stagioni più drammatiche della storia della Repubblica; con l'arresto dell'ultimo super latitante si rinnova l'impegno contro ogni forma di criminalità, semplice e organizzata». Per Matteo Salvini «le nostre istituzioni e i nostri uomini in divisa non mollano mai».
Di tono analogo le reazioni dell'opposizione. Enrico Letta si congratula «con le forze dell'ordine e la magistratura».
Giuseppe Conte scrive che «lo Stato non deve abbassare mai le difese, la mafia non può vincere». Matteo Renzi parla di «notizia bellissima, un risultato storico». Si tratta, conclude, «di una giornata di felicità e di festa per tutto il Paese».
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