La mappa dei contagi da variante delta è parziale, incompleta e nasce vecchia. Non tutte le regioni hanno comunicato i dati all'Iss, i test inviati sono solo una trentina per regione (presi a campione fra i tamponi di una giornata sola) e, per di più, risalgono almeno a una settimana prima rispetto a quando sono stati catalogati. Quindi dire che la variante indiana in Italia si attesta all'1% è un dato superato, poichè risale alla fine di maggio ed è stato elaborato su campioni raccolti in precedenza. Due settimane fa i casi riscontrati in Lombardia si contavano sulle dita di due mani, ora sono otto volte tanto.
Non solo. Non abbiamo fatto in tempo a goderci un paio di giorni di Italia interamente bianca, che già stanno scattando lockdown in alcuni comuni sparsi di Sardegna, Sicilia e Campania. Insomma, il timore che la nuova variante stia per provocare un nuovo aumento di casi c'è. Eppur si fa poco per contenere eventuali impennate.
Non paghi delle esperienze che abbiamo alle spalle, abbiamo bloccato i voli dall'India ma non quelli indiretti, che fanno scalo in altre capitali prima di arrivare da noi. E nemmeno ci stiamo occupando con particolare zelo del tracciamento dei casi. Tradotto: di fatto non sappiamo quanto è diffusa la nuova variante indiana. Sappiamo solo che «buca» la prima dose di vaccino (e quindi potrebbe colpire un semi-vaccinato su due) ma attecchisce sul 25% di chi ha già ricevuto la seconda dose.
Il guaio è che servirebbe fare un tracciamento capillare dei casi. Che non si fa. Uno perchè il famoso consorzio per la mappatura delle varianti non è mai stato realizzato e per ora campeggia solo sulla carta. Due perchè, con i metodi attuali, un tracciamento della sequenza del virus costerebbe sui 150 euro a campione. Da qui la proposta per cambiare format di analisi prima che sia troppo tardi. L'appello arriva dal virologo dell'università Bicocca di Milano, Francesco Broccolo: «Il metodo di sequenziamento attuale va bene per le ricerche negli atenei ma non per i laboratori che hanno esigenze quotidiane - spiega - Serve piuttosto uno screening specifico sui tamponi che presentano una carica virale molto alta, primo indizio delle nuove varianti. Siamo ancora in tempo per fare il tracciamento, basterebbe aggiornare l'algoritmo. Mi chiedo cosa stiamo aspettando? Se andiamo avanti così rischiamo di replicare gli errori del passato». Dello stesso parere anche Andrea Crisanti, professore di Microbiologia all'università di Padova: «Il metodo di tracciamento di cui disponiamo non è adatto a minimizzare il rischio né a rendere meno vulnerabile l'Italia». Il quadro della situazione ad oggi non è allarmante ma potrebbe nascondere un sottobosco di casi non catalogati. Gran parte dei casi di variante indiana sono state identificati in soggetti che non avevano avuto contatti noti con persone provenienti dall'estero, sintomo che la variante circola già sul territorio.
In Lombardia sono 81 i casi di variante delta finora rilevate di cui 70 nel mese di maggio e 9 al 14 giugno. La Puglia, che aveva registrato una percentuale di variante delta dell'1,1% a maggio ha segnalato 25 casi. La Sardegna ne segnala 12 ufficiali.
Ma la lezione della Gran Bretagna, dove i casi delta si attestano al 70% dei contagi, dovrebbe pur insegnarci qualcosa. E se è vero che i casi (che colpiscono principalmente la categoria dei non vaccinati, cioè i più giovani) non porteranno a ricoveri di massa, è bene comunque prevenirli. Ora, non fra un mese.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.