Tre leader Ue entrati a Kiev. "La vostra lotta è la nostra". Ma Bruxelles resta fredda

I momenti drammatici e la tensione che emerge anche nelle questioni che potrebbero essere le più semplici

Tre leader Ue entrati a Kiev. "La vostra lotta è la nostra". Ma Bruxelles resta fredda

I momenti drammatici e la tensione che emerge anche nelle questioni che potrebbero essere le più semplici: quello dei premier in visita a sostegno dell'Ucraina doveva essere un segnale da inviare ma sta diventando l'ennesimo caso di spaccatura interna alla Ue. Il premier di Polonia, Repubblica Ceca e Slovenia, si sono recati ieri a Kiev per incontrare il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Mateusz Morawiecki, Petr Fiala e Janez Jansa «andranno a Kiev come rappresentanti del Consiglio europeo, per incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il primo ministro Denys Chmygal», si legge nella nota del governo polacco. «La tua lotta è la nostra lotta e insieme vinceremo» ha detto Jansa. «Lo scopo della visita è confermare l'inequivocabile sostegno dell'intera Unione Europea alla sovranità e all'indipendenza dell'Ucraina e presentare un ampio pacchetto di sostegno allo Stato e alla società ucraini». «Dobbiamo fermare questa tragedia al più presto» ha aggiunto Morawiecki. Il vicepremier polacco, Yaroslav Kaczynski, ha proposto di inviare una missione Nato o una missione internazionale più ampia in Ucraina «per portare aiuti e pace» ma che sia «in grado di difendersi».

Eppure la Ue resta fredda sul viaggio a Kiev dei primi ministri partiti in treno. Obiettivo dei tre leader: rendere visibile anche sul piano personale il sostegno alla popolazione ucraina. Il premier polacco aveva indicato che la visita era stata concordata con la Ue e che l'iniziativa era in rappresentanza dell'Unione. In realtà il Consiglio è stato informato dell'iniziativa, ma non c'è alcun mandato europeo affidato ai tre leader nazionali. Di qui la freddezza del Consiglio. Un alto funzionario del Consiglio Ue ha indicato che il presidente Charles Michel era stato informato la settimana scorsa da Morawiecki del viaggio a Kiev e che aveva fatto presente i rischi per la sicurezza. Anche il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, è giunto in visita a Kiev, mentre il commissario europeo all'Ambiente, il lituano Virginijus Sinkevicius, si è recato a Leopoli in Ucraina in solidarietà con la popolazione. «Sono in Ucraina perchè non ho paura. Uomini e donne in Ucraina non hanno paura dei ricatti e delle minacce del Cremlino, lituani ed europei non ne hanno paura. Psicologicamente l'Ucraina ha già vinto questa guerra. Ora dobbiamo aiutarla tutti a vincere sul campo», ha scritto il commissario in un post.

Intanto si combatte anche con le sanzioni. La nuova lista nera arriva a 370 nomi in più, se si includono una ventina di politici, funzionari e figure del business bielorussi. E porta a oltre 1000 il totale d'individui, entità, aziende e filiali russe colpite dal governo Tory di Boris Johnson dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina. Fra i russi, entrano a far parte dell'elenco dei sanzionati britannici pure il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, e quella del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, bollati come megafoni della «disinformazione» e della propaganda del «regime di Putin»; oltre a familiari di oligarchi e politici «alleati» del presidente russo. Colpita inoltre la Internet Research Agency, che Londra definisce «famigerata fabbrica russa di troll». Liz Truss, ministra degli Esteri di Johnson, ha formalizzato l'iniziativa precisando che la corsa alle sanzioni, calibrata di concerto con gli alleati, non si fermerà qui grazie agli strumenti normativi resi disponibili dall'approvazione finale al Parlamento di Westminster della riforma legislativa del cosiddetto Economic Crime Act.

Sono 15 persone in più e 9 entità i nuovi soggette inclusi nelle sanzioni Ue sull'invasione russa all'Ucraina pubblicate ora nella Gazzetta ufficiale europea. L'agenzia Tass riferisce che Mosca ha vietato al presidente degli Starti Uniti Joe Biden di entrare in Russia e vieta l'ingresso anche al premier canadese Justin Trudeau.

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