Trump e la pace lontanissima. La priorità dell'Europa è continuare a difendere Kiev

Londra è pronta a sostituire Washington nel ruolo di primo argine contro il Cremlino

Trump e la pace lontanissima. La priorità dell'Europa è continuare a difendere Kiev
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Tra i tanti cambiamenti radicali sulla scena mondiale che ha portato questo 2024 ormai agli sgoccioli, ce n'è uno che ci riguarda molto da vicino: la difesa dell'Europa. Sembrava che l'incrocio pericoloso tra la guerra infinita in Ucraina e l'imminente ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump dovesse produrre con gran fatica l'effetto preteso da quest'ultimo, ovvero l'incremento delle spese militari dei Paesi europei. Un incremento volentieri messo a bilancio dai Paesi più prossimi alla minacciosa Russia di Putin, come la Polonia e le Repubbliche baltiche, ma sempre rinviato oppure finanziato a metà da membri anche importanti della Nato come la Francia, la Spagna o l'Italia senza dimenticare i tentennamenti della Germania, che pure ha avviato due anni fa uno storico piano di rinnovamento delle sue forze armate da 100 miliardi di euro.

Adesso però, mentre si avvicina per Trump il momento della verità in cui dovrà dimostrare di poter mantenere le sue spericolate promesse di conseguire una pace tra Russia e Ucraina, quelle prospettive di riarmo europee potrebbero assumere un risvolto non previsto dal prossimo presidente americano. In forte sintesi, il messaggio di Trump agli alleati europei è: rispettate rapidamente gli impegni che avete preso di devolvere alla Nato la soglia minima del 2 per cento dei vostri Pil, altrimenti gli Stati Uniti cesseranno di essere il vostro scudo difensivo e io considererò seriamente perfino la nostra uscita dall'Alleanza Atlantica. Questo invito ben poco amichevole a fare la propria parte rischia però di essere raccolto seguendo una logica che a Trump dispiacerà: l'Europa riarmata non avrà come priorità di supportare un'Ucraina avviata a una resa forzata, bensì di aiutarla a continuare a combattere finché potrà negoziare con Putin da una posizione di forza.

Il recente viaggio a Kiev del ministro della Difesa britannico è stato molto indicativo in questo senso. Incontrando il collega ucraino Rustem Umerov proprio il giorno dopo l'omicidio a Mosca del generale russo Igor Kirillov, John Healey ha delineato un progetto che pone Londra al posto di Washington nel ruolo di principale sostenitore dello sforzo bellico dell'Ucraina «in uno dei momenti più critici del conflitto». Non si tratta soltanto, come annunciato dal ministro britannico, di inviare in Ucraina militari addestratori per migliorare motivazione ed efficienza dell'esercito locale, ma di incrementare la fornitura di armi e di denaro fino a compensare i passi indietro americani.

Healey, in un colloquio con il Times, ha espresso aperto disaccordo con la visione di Trump, secondo cui è arrivato il momento di firmare la pace con Putin. «L'anno sta finendo, ma la guerra no ha detto il ministro di Londra -: questo è semmai il momento di aumentare l'impegno in Ucraina su ogni fronte». Le idee di Healey sono chiarissime: passare dai combattimenti ai negoziati sarà tutt'altro che facile, perché un conto è parlare e un altro è trovare delle intese, per cui «la prospettiva più realistica mi sembra che si dovrà contemporaneamente discutere e combattere».

Nell'assai pratica logica britannica, rimane dunque prioritario mettere gli ucraini

in condizione di continuare a lottare efficacemente sul terreno, mettendo una pressione crescente su Putin piuttosto che manifestandogli una disponibilità a cedere. L'esatto contrario di ciò che ha in mente Donald Trump.

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