Nessuna intesa sul cessate il fuoco. Ma Lavrov dal podio nega l’aggressione e attacca l’Occidente

In Turchia, primo incontro fra i ministri degli Esteri di Mosca e Kiev. L'ucraino Kuleba ha chiesto una tregua di 24 ore. Sullo sfondo resta il possibile vertice tra presidenti: lo zar non sarebbe contrario

Nessuna intesa sul cessate il fuoco. Ma Lavrov dal podio nega l’aggressione e attacca l’Occidente

Berlino. Il livello dell'incontro era molto alto e, a differenza dei tre precedenti round negoziali che si sono tenuti nella schieratissima Bielorussia, organizzato su un terreno neutrale. Eppure il faccia a faccia fra il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e il suo omologo ucraino Dmytro Kuleba ad Antalya, in Turchia, non ha prodotto né un accordo per la fine del conflitto russo-ucraino né un cessate il fuoco fra le parti. Poche ore dopo l'incontro a tre, mediato dai turchi, il fallimento era chiaro. Kuleba ha riferito di aver chiesto una tregua di 24 ore e un corridoio umanitario per Mariupol, la città ucraina il cui ospedale pediatrico è stato distrutto in un attacco russo. «Spero che porterà le richieste dell'Ucraina a Mosca», ha twittato Kuleba. La risposta di Lavrov non è stata conciliante: nell'ospedale, ha spiegato, non c'erano pazienti ma la struttura fungeva da «base militare per i nazionalisti» del battaglione Azov. L'uomo di Putin, e suo ministro dal lontano 2004, ha poi aggiunto che la Federazione Russa non ha attaccato l'Ucraina e non ha intenzione di invadere altre nazioni. E tuttavia «l'operazione militare» si è resa necessaria per prevenire un attacco da parte di Kiev alla Russia. Mentre la martella, Mosca auspica anzi che l'Ucraina diventi pacifica e neutrale: «Non vogliamo la militarizzazione dell'Ucraina». Lavrov ha anche inferto una stoccata all'Ue, perché fornisce armi a Kiev «in violazione dei propri principi», e agli Usa, che gestiscono «laboratori biologici militari lungo il perimetro» della Russia. L'unica crepa nel muro dell'incomunicabilità è stata registrata dal ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu secondo cui il presidente russo Vladimir Putin «non è contrario per principio a incontrare il collega ucraino Volodymyr Zelensky». Un passo in avanti rispetto a quanto affermato nei primi giorni del conflitto da Zelensky, secondo cui Putin intenderebbe uccidere lui e la sua famiglia.

Gli obiettivi del vertice trilaterale di Antalya erano stati illustrati dal padrone di casa, il presidente Recep Tayyip Erdogan. «Stiamo lavorando per impedire che questa crisi si trasformi in una tragedia». Erdogan ha giocato la carta del vicino di casa in buoni rapporti con tutti: paese dirimpettaio (sul Mar Nero) di Russia e Ucraina, dai quali dipende per le importazioni di energia e cereali, la Turchia è un membro della Nato, quindi tecnicamente ostile alla Russia. Eppure il leader turco, che pure non ha mancato di condannare l'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione Russa, si è ben guardato dall'adottare sanzioni commerciali contro Mosca. Da anni ormai Erdogan gioca come battitore libero in seno all'Alleanza atlantica e ha sviluppato relazioni indipendenti con la Russia in scenari come la Libia e la Siria. Non va poi dimenticato che la Turchia è l'unico paese della Nato ad aver acquistato il sistema missilistico S-400 di fabbricazione russa, suscitando la grande irritazione della Casa Bianca. Ecco perché poco prima di aprire le porte di Antalya a russi e ucraini, Erdogan ha ricevuto ad Ankara il capo dello stato israeliano Isaac Herzog fra picchetti militari, 21 salve di cannone e un banchetto di Stato. Anche Israele intrattiene rapporti eccellenti con Kiev e Mosca: con il pretesto di parlare di pace in Europa dell'Est, Erdogan ha riallacciato i rapporti con lo stato ebraico da lui stesso messi in frigorifero ormai dal 2009 quando strapazzò l'ex presidente israeliano Shimon Peres in pubblico al forum di Davos. Da allora le relazioni Ankara-Gerusalemme non hanno fatto che peggiorare mentre oggi, con la lira turca al collasso e Joe Biden che lo ha definito «un'autocrate», Erdogan ha bisogno di riavvicinarsi tanto alle monarchie del Golfo Persico quanto agli Usa: la sua speranza è che Israele possa dargli una mano. Con le elezioni parlamentari e presidenziali fra poco più di un anno (giugno 2023), un Erdogan debole in economia cerca di portare a casa un successo diplomatico e non è dunque escluso che Ankara torni a offrire i propri buoni uffici a Russia e Ucraina.

Nel frattempo, il magazine Politico ha svelato un nuovo tentativo di mediare la pace.

Giovedì l'ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder, molto criticato in patria per il suo ruolo di lobbista di lusso per il gas russo, è volato alla volta di Mosca per incontrare Putin dopo aver discusso con un diplomatico ucraino a Istanbul.

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