"Uber è cambiata: la nuova missione è aiutare i Comuni a essere migliori"

Il country manager Italia Lorenzo Pireddu: "Auto, bici, monopattini: siamo partner del servizio pubblico"

"Uber è cambiata: la nuova missione è aiutare i Comuni a essere migliori"

Lorenzo Pireddu è appena arrivato a destinazione. È infatti il nuovo Country Manager di Uber, la società che più ha cambiato il concetto di mobilità del Nuovo Millennio. E che ora ha cambiato anche se stessa: «Da start up innovativa e dirompente siamo passati a un modello di ampio respiro nei servizi. Con un diverso approccio con le realtà in cui ci confrontiamo».

È finita l'era di Uber contro tutti.

«All'inizio serviva una provocazione per rompere abitudini consolidate. Ma abbiamo fatto anche degli errori e li abbiamo ammessi: per esempio Uber Pop è stato eccessivo».

Mobilità è collaborazione, ora.

«Certo. Ci siamo impegnati a lavorare come partner delle città e siamo andati oltre al discorso auto, per puntare sulla multimodalità. Abbiamo monopattini elettrici, biciclette ed anche Uber Eats, che si può considerare la nuova mobilità del cibo. E in Europa stiamo entrando anche nel trasporto merci, per rivoluzionarlo».

Il futuro è pubblico e privato insieme.

«Assolutamente. E nel rispetto delle normative. Abbiamo capito come comportarci nei Paesi sottoposti a licenze, un concetto poco americano».

E quindi?

«Roma è un esempio. Con il Comune abbiamo inaugurato JUMP, il servizio di biciclette elettriche. Personalizzandolo secondo le esigenze delle varie zone».

Integrerete il servizio pubblico?

«A Parigi, per esempio, è gà così. O in Portogallo, dove lavoriamo con il governo. E a Nizza abbiamo implementato il servizio di ultimo miglio: aiuta le persone ad arrivare a casa dalla fermata della metro più vicina».

E Milano?

«Aspettiamo di partecipare al bando per i monopattini elettrici, non è un segreto. Il servizio di elicottero come a New York? Diciamo che è un'aspirazione, ma è davvero presto».

Tutto con la nuova app.

«Ci sono realtà dove diamo già informazioni complete su tutti i mezzi disponibili, anche non nostri, per compiere il percorso voluto».

La città del futuro per Uber?

«Non è quella dei divieti. Il trasporto è una torta che non ha una dimensione fissa e la domanda di prodotti è condizionata da semplicità d'uso e prezzo. E quella è la strada per cambiare le abitudini».

Davvero si può?

«Le faccio un esempio.

A Milano e Roma c'è Uber Black, quindi NCC. A Torino abbiamo aperto una collaborazione con le società di taxi. Lavorare con loro ci serve a capire le loro esigenze. E a studiare insieme prodotti che aiutino tutti a vivere meglio».

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