Sfumature a parte, tutti i sondaggi sulle Europee dell'8 e 9 giugno confermano che a decidere i futuri vertici delle istituzioni europee - a meno di rivoluzioni altamente improbabili - sarà ancora una volta l'asse Ppe-S&D, sostenuto dai liberali macroniani di Renew Europe. L'ultima rilevazione in ordine di tempo - pubblicata il 31 marzo - arriva dall'aggregatore di sondaggi Europe Elects e conferma che i primi due gradini del podio di gruppo parlamentare più numeroso non sono contendibili. L'oro andrà ai Popolari, con 184 seggi (+3 sull'ultima rilevazione) e l'argento ai Socialisti, con 135 (-5). Partita aperta, invece, per il bronzo. Con Renew a 87 (+5), Identità e democrazia (dove milita la Lega) a 82 (-10) e i Conservatori di Ecr (a cui aderisce Fdi) a 81 (-2). Una sfida importante, non solo in chiave alleanze ma anche per potersi sedere al tavolo quando ci saranno da decidere i posti di governo e sottogoverno dell'Ue. Non è un caso che in Italia la corsa abbia acceso una competizione interna alla maggioranza, con una serie di ripetute frizioni tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini.
Una partita che non è fatta solo di voti, ma anche di capacità attrattiva dei singoli gruppi sui cosiddetti «non iscritti» e sui partiti che nel 2019 non esistevano (e che dunque i sondaggi oggi non «attribuiscono»). E, spiegava qualche giorno fa Antonio Giordano, segretario generale di Ecr e deputato di Fdi, i Conservatori hanno già ricevuto formale richiesta di adesione dai romeni di Aur, dai croati di Most, dai lituani del Lithuanian farmers and green union, dagli irlandesi del Rural indipendent group e dai ciprioti di Elam. In tutto una pattuglia di 16-17 potenziali europarlamentari che potrebbero ribaltare la corsa al bronzo. Al netto dell'incognita Viktor Orban, perché il suo Fidesz oggi conta 12 «non iscritti» ma i suoi apprezzamenti verso Vladimir Putin iniziano ad essere ingombranti.
Quella dei numeri, insomma, è una sfida decisiva. Non è un caso che Meloni stia valutando la possibilità di partecipare all'evento Ecr in programma a Madrid il 18 e 19 maggio (già annunciata la presenza del presidente argentino Javier Milei), anche se alla fine è probabile che si limiterà a un videomessaggio. Mentre la premier non dovrebbe mancare nell'ultima settimana di giugno alla sessione di insediamento del nuovo gruppo parlamentare di Ecr, appuntamento che peraltro si terrà in Italia (ancora da decidere dove). Una riunione dove si definiranno gli incarichi all'interno del gruppo dei Conservatori. Su questo fronte, peraltro, non è escluso che Meloni possa rinunciare alla presidenza di Ecr Party (che è cosa diversa dal gruppo), decisione che sarà presa solo dopo le Europee e che prescinderà dal fatto che Fdi è destinata a diventare il primo partito dei Conservatori, scavalcando i polacchi del Pis. La ratio, infatti, sarà quella di valutare una riorganizzazione complessiva di Ecr anche in base ai nuovi equilibri per la scelta del futuro presidente della Commissione Ue.
Sul fronte candidature, invece, la premier resta intenzionata a correre capolista in tutte le circoscrizioni, annuncio che dovrebbe arrivare da Pescara, dove - tra i gazebi in riva al mare - dal 19 al 21 aprile si terrà la conferenza programmatica di Fdi. Secondi in lista, invece, dovrebbero essere Alessandro Ciriani nel Nord Est, Carlo Fidanza (attuale capo-delegazione Fdi al Parlamento europeo) nel Nord Ovest, Nicola Procaccini (attuale co-presidente del gruppo Ecr) al Centro, Denis Nesci al Sud, Giuseppe Milazzo nelle Isole.
A seguire Meloni starebbe pensando di coinvolgere parlamentari o consiglieri regionali che abbiano presa sul territorio. Circolano i nomi dei deputati Salvatore Deidda (coordinatore regionale sardo), Maddalena Morgante (veneta, vicina all'associazionismo cattolico) e Marta Schifone (campana, attiva nel mondo delle professioni).
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