Senatrice Licia Ronzulli, la prima domanda è sentimentale. Che emozioni ha provato oggi?
«Il 12 giugno alle 9.30, la storia del nostro Paese è cambiata, la storia di Forza Italia è cambiata, in un modo che non avremmo mai voluto. Ieri, nostro malgrado, in un Consiglio Nazionale che così non avremmo mai voluto, siamo stati chiamati a cambiare noi. A crescere e a camminare con le nostre gambe. Senza più la guida di Silvio Berlusconi, che non smetteremo mai di rimpiangere, il testimone è nelle nostre mani. Dobbiamo renderlo fiero di noi, e dipenderà da come riusciremo a raccogliere la sua eredità e proseguire lungo il percorso che ci ha tracciato».
Tutti uniti su Antonio Tajani. Perché?
«Abbiamo dato tutti il nostro appoggio sincero e convinto ad Antonio Tajani perché ci guidi con capacità e uno spirito di unità nel condividere le scelte fino al prossimo congresso. Lo faremo con fiducia, con lealtà ma anche con franchezza. Perché la lealtà, così come avviene per l'amicizia, si dimostra anche contribuendo con i consigli, mettendo in guardia dai possibili errori. Ne avremo tutti bisogno».
Un traghettatore verso il congresso. Cosa accadrà da qui al 2024? Chi pensa potrebbe contenderne la leadership?
«Sarei portata a dire: nulla. Però, purtroppo, in soli 5 mesi il mondo di Forza Italia è stato stravolto. È cambiato tutto improvvisamente. Oggi abbiamo intrapreso insieme alla nostra classe dirigente una strada nuova, confidando che il tempo e le prossime scadenze elettorali ci conforteranno dimostrando che è la direzione giusta».
Fino a ieri Fi era una monarchia assoluta, dove Berlusconi faceva la sintesi e decideva. Come cambieranno, se cambieranno, i processi decisionali?
«Berlusconi ascoltava sempre tutti, anche quando le voci erano in disaccordo. Aveva la capacità di mettersi nei panni dell'altro. Ora che lo straordinario uomo capace di mediazione e sintesi non c'è più, la sintesi dovremo farla tutti noi insieme. E le parole chiave dovranno essere: sintonia, unità, collegialità. Quella che si apre oggi è quindi una strada che non può che essere condivisa, una strada lunga ma unendo le forze possiamo andare lontano».
In tanti hanno scritto che, scomparso il Cavaliere, Fi è destinata a liquefarsi. I sondaggi sembrano dire il contrario. Perché?
«Perché il lascito più importante, uno dei successi più grandi ottenuti dal presidente Berlusconi è stato quello di smentire quanti ci definivano un partito di plastica. Stiamo dimostrando di essere un partito vero, orgoglioso, vivo. Già pronto a seguire le orme del suo fondatore».
Non vede un rischio opa sul partito da parte di Fdi, ma anche della Lega?
«Per la lealtà dei nostri alleati, non vedo alcun rischio. Quanto ai tentativi da parte dei nostri avversari, Forza Italia sarà ancora più forte e attrattiva - i nuovi ingressi lo dimostreranno quindi non scalabile da forze esterne. Per questo non temiamo assolutamente opa ostili da parte di alcuna forza politica. Casomai il contrario».
Berlusconi ha sempre detto: Servono volti nuovi: il partito si apra alla società civile. Indicazione ancora valida?
«Certamente si. È il momento di coinvolgere le migliori energie, dei territori, del mondo del lavoro e delle categorie produttive, finalmente liberate da questa nuova stagione di buon governo del centrodestra, che potranno contribuire al rafforzamento di quell'area moderata, liberale, cattolica e popolare che Forza Italia incarna».
Il centrodestra è coeso ma ha sensibilità diverse. Due risultati prettamente azzurri di questo governo?
«Solo due? Nella legge di bilancio siamo riusciti ad ottenere la decontribuzione per i neoassunti sotto i 36 anni, abbiamo cominciato ad aumentare le pensioni minime, che entro la fine della legislatura arriveranno a 1000 euro, abbiamo ottenuto che si sbloccassero i lavori per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, una delle grandi opere che rappresentavano da sempre l'obiettivo del presidente Berlusconi. Mi sembrano risultati eccellenti».
Quali i traguardi futuri che Fi giudica prioritari tra fisco, giustizia e Sud?
«Sono tutti prioritari. Vale per il Mezzogiorno, che merita la spinta per tornare a competere con le regioni più avanzate del Paese. Vale per il fisco, perché la riduzione delle tasse e nuovo rapporto fra Stato e cittadini, rappresentano la vera occasione per il rilancio economico del Paese. Vale per una grande e strutturale riforma della giustizia, che elimini le storture del passato, i processi mediatico-giudiziari, e permetta alla politica di riappropriarsi del ruolo che gli è proprio».
Lo stato di salute della maggioranza?
«È solida e coesa, e lo si vede nell'attività di un governo politico scelto finalmente dagli italiani».
Le prossime elezioni europee saranno cruciali. Come vede lo stato delle alleanze? Inevitabile un'altra maggioranza Ursula?
«La maggioranza Ursula, proprio perché innaturale, ha dimostrato giorno dopo giorno le contraddizioni al suo
interno. Io auspico che le Europee ci consegnino una maggioranza composta da popolari, liberali e conservatori, cioè un'alleanza politica e quindi in grado di lavorare nel migliore dei modi come sta avvenendo in Italia».
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