Pugni alzati e un gesto di ringraziamento a chi l'ha eletta indicando il cuore. Ursula von der Leyen festeggia per la seconda volta nell'emiciclo di Strasburgo: l'Aula dell'Europarlamento le conferma la fiducia come presidente della Commissione europea per i prossimi cinque anni. E lei garantisce: «Pronta a uno scudo europeo per la democrazia». «Non accetterò mai - ha aggiunto - che i demagoghi e gli estremisti distruggano il nostro stile di vita europeo». E ancora: «Non starò mai a guardare mentre viene ftta a pezzi dall'interno e dall'esterno».
Migliorato nettamente il consenso ricevuto nel luglio 2019. Nella scorsa legislatura i voti favorevoli erano stati 383 (la soglia richiesta era 374) e ieri, tra sorrisi distesi e di circostanza, le preferenze hanno toccato quota 401: ben 41 oltre l'asticella minima di 360. Merito dell'appoggio di Ppe - e quindi di Forza Italia - insieme a S&D (con dentro il Partito Democratico), Renew e i determinanti Verdi. No, invece, dai rappresentanti di Fratelli d'Italia e di una fetta consistente dei Conservatori. Il dato mostra come i franchi tiratori siano stati circa 50: la metà di un lustro fa. 15 i membri che si sono astenuti, reperibili soprattutto tra Liberali e Socialdemocratici. Anche nei Popolari - francesi e sloveni in testa - vengono rivelati alcuni voti diversi rispetto alla linea ufficiale, mentre sono stati più compatti con il loro Sì i Green, gli ecologisti, ai quali von der Leyen si dice «molto grata per il loro sostegno».
Antonio Tajani si congratula con la numero uno del governo Ue. Enorme dissenso dall'estrema sinistra di Left, inclusi i grillini, e del neonato gruppo dei Patrioti. La Lega denuncia l'«ennesimo inciucio» e vede nel secondo mandato «una brutta notizia per i cittadini europei e per gli italiani, in particolare per il pericoloso sostegno degli eco-fanatici». A giochi ormai fatti, FdI annuncia pubblicamente di avere votato contro. Giorgia Meloni ricorda di essere rimasta coerente «con la posizione espressa nel Consiglio Ue di non condivisione del metodo e del merito». Carlo Fidanza sottolinea l'impossibilità di un loro sostegno dopo la ricerca di un consenso fino ai Verdi, ma aggiunge che questo «non pregiudica il nostro rapporto di lavoro istituzionale». Anche in Ecr si nota altresì una spaccatura: gli esponenti belgi e cechi hanno difatti votato Sì.
Il governo italiano, comunque, tornerà a interloquire con la presidente per la composizione della nuova Commissione.
La stessa von der Leyen, a caldo, non cambia idea sull'«approccio» che ha adottato negli ultimi mesi nei confronti dei meloniani. A contribuire però a un distacco era stato il discorso programmatico in mattinata dell'Ursula bis. Con un accento proprio sul cordone sanitario verso le forze reputate di destra. «Sono qui oggi pronta a guidare questa lotta con tutte le forze democratiche presenti in questa Camera». Poi è arrivata anche la critica alla visita del primo ministro ungherese Viktor Orban a Mosca. Una visita che non è quindi passata inosservata, tra qualche contestazione dei Patrioti in Ue.
Dall'altra parte c'era la strizzata d'occhio ai Verdi quando ha sottolineato la volontà di mantenere la rotta sul Green Deal e promettendo un piano per l'industria pulita nei primi 100 giorni.
Il vero segnale lanciato a Meloni riguardava viceversa i migranti: von der Leyen ha annunciato il consolidamento del lavoro su rimpatri, prevenzione della migrazione illegale e lotta al traffico di esseri umani, nonché la proposta di un commissario al Mediterraneo.Ma, evidentemente, non è bastato per rimuovere le riserve della premier italiana.
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