Utero sì, utero no, utero forse. In scena lo psicodramma Pd

Sulla maternità surrogata dem nel panico. Schlein decide l'astensione sull'emendamento, poi ci ripensa: non si vota

Utero sì, utero no, utero forse. In scena lo psicodramma Pd
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Utero sì, utero no, utero forse: il Pd di Elly Schlein deve decidere come votare sulla gravidanza per altri (la proposta del radicale Riccardo Magi andrà in aula alla Camera la settimana prossima) e si trasforma istantaneamente in una sequenza di «Amici Miei». Con tanto di «supercazzola prematurata» e «tarapia tapioco».

Succede dunque che il perfido Magi (che «fa il gioco delle destre», si inviperiscono subito gli schleiniani) presenta la sua proposta di regolamentazione della Gpa solidale - ossia non a scopo di lucro - come emendamento al testo del governo che introduce il reato universale di utero in affitto.

Schlein, presa alla sprovvista, non sa che pesci prendere: su questo tema il suo partito è notoriamente spaccato tra favorevoli e contrari, con l'ala cattolica che ne fa una questione di principio assoluta. La via d'uscita più lineare sarebbe quella spesso percorsa in simili frangenti sulle cosiddette «questioni sensibili»: lasciare libertà di coscienza. Ma Elly non se lo può permettere, e la ragione è semplice: è anche lei deputata, deve anche lei votare, e se lasciasse libertà di voto dovrebbe esporsi e scegliere pubblicamente se dire sì o no. Con conseguenze potenzialmente esplosive dentro il partito.

Ecco quindi che, faticosamente, cerca di costruire una supercazzola alternativa per togliersi dall'imbarazzo: lunedì sera convoca all'improvviso una riunione notturna dei deputati, con tanto di partecipanti esterni: femministe anti-utero in affitto, associazioni Lgbt pro-utero in affitto ecc. Lei si limita ad auspicare una «bella discussione» e poi si defila, lasciando ai suoi un mandato: «Fateli parlare, poi proponete l'astensione sul testo Magi». La discussione si svolge, con toni spesso accesi e opinioni diverse. Alcuni, tra cui Claudio Mancini e Lia Quartapelle, chiedono che venga lasciata libertà di voto secondo coscienza: «Lo abbiamo fatto persino sull'invio di armi all'Ucraina, che è una materia di collocazione internazionale, e non lo facciamo sulla gravidanza per altri?», si chiedeva quest'ultima. Niente da fare: ci asterremo, tirava le file la capogruppo Chiara Braga.

Ieri poi il dietrofront: in mattinata si riunisce il gruppo dei senatori Pd, che deve discutere di tutt'altro. Ma alcune senatrici (Valeria Valente, Beatrice Lorenzin) si accalorano sul tema Gpa: «I nostri deputati stanno decidendo la linea su un tema così delicato, su cui presto dovremo votare anche noi: non possiamo essere tagliati fuori dalla discussione». Allarmato, il capogruppo Francesco Boccia telefona a Elly e la avverte: «Guarda che la linea dell'astensione non regge, molti decideranno di votare contro la proposta Magi e come al solito si dirà che il Pd è spaccato. Dobbiamo evitare di contarci». Schlein corre ai ripari: niente più astensione. I deputati vengono riconvocati, la capogruppo Braga rettifica: non ci asteniamo, la scelta è tra votare no o non partecipare al voto. Intervengono sia Andrea Orlando che Gianni Cuperlo e dicono: scusate, ma così facciamo la figura dei matti: ieri sera ci asteniamo e oggi votiamo no? Meglio non votare, e morta lì. Si arriva dunque alla scelta fatale: «Sull'emendamento Magi non parteciperemo al voto».

Segue lunga discussione sul come motivarlo: «Siamo contrari nel merito o nel metodo?». Nessuno lo sa bene. Braga, per conto di Schlein, accusa: «L'emendamento Magi è strumentale, serve a metterci in difficoltà». Come se il Pd fosse Antani.

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