Imbarazzo nelle aule di giustizia capitoline. Da giorni si vocifera che alcuni procuratori della Direzione nazionale antimafia, saltando la fila, si siano vaccinati contro il Covid.
C'è chi parla di venti e chi, pensando di far passare la questione in sordina, riduce a cinque. Chi all'interno della stessa casta allude a favoritismi e chi protesta, come il personale amministrativo che lavora nella Dda, leggendo nell'accaduto una sorta di discriminazione nei confronti di chi non ha il potere ma passa solo i fogli e le pratiche.
Sta di fatto che la Regione Lazio, a differenza di quanto ha fatto la Sicilia, ha scelto di non mettere i magistrati tra le categorie a rischio, ovvero quelle che possono in maniera prioritaria ricevere la somministrazione del vaccino anti Covid-19 prima degli altri.
Quanto è accaduto, quindi, non poteva restare inosservato, soprattutto perché la linea dettata a inizio mese dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho era diversa e, adeguandosi alle indicazioni del Procuratore Generale della Cassazione, prevedeva percorsi differenti, ovvero l'eventuale inserimento nelle liste che saranno aperte a Roma o presso i distretti in cui i magistrati sono residenti.
Chi si è invece già vaccinato, si è basato sulla disponibilità offerta dalla Croce Rossa italiana, che si era resa disponibile a iniettare l'anti-Covid ai magistrati, equiparandoli alle forze dell'ordine, ma soltanto dietro indicazione della Asl. Allora chi ha dato il permesso e ha consentito questo salto in avanti di questo gruppo di procuratori che ha così raggiunto la sospirata vaccinazione? Non è chiaro. «Chiunque all'interno della Dda decidesse di vaccinarsi lo dovrà fare fuori dalle scelte dell'ufficio», aveva detto più di una volta Cafiero De Raho. La Cri, dal canto suo, ripete che sono le Asl a scegliere le persone da vaccinare e che loro non c'entrano nulla per quanto concerne la decisione di equiparare i magistrati laziali alle forze dell'ordine. «È assurdo questo comportamento - si infuoca un procuratore -. Prima di noi ci sono gli anziani e i soggetti fragili con problemi di salute. A questo dovevano pensare i colleghi mentre scoprivano il braccio». «Si facciano nomi e cognomi, vorrei guardare in faccia chi non si è fatto scrupoli», fa eco un altro magistrato.
Non è escluso che, qualora montino ulteriormente le proteste, venga aperta un'inchiesta interna sull'accaduto. Ma intanto Cafiero De Raho prova a placare gli animi spiegando: «Tutto parte dalla possibilità offerta ad alcuni colleghi che viaggiano ripetutamente tra Roma e altre sedi».
«Hanno avuto l'indicazione di poter godere della vaccinazione appartenendo alla categoria dei servizi ritenuti essenziali - conclude -. Abbiamo ricevuto anche un modulo. Ma l'ufficio non ha aderito e segue le indicazioni della Procura Generale della Cassazione».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.