Virus, l'eredità del Conte bis: "Il nuovo piano pandemico? È carente"

Non era aggiornato dal 2006 e ora l'ultima versione è pure inadeguata. Il dossier del generale Lunelli

Virus, l'eredità del Conte bis: "Il nuovo piano pandemico? È carente"

Neppure il tempo di insediarsi che Draghi dovrà presto affrontare numerose questioni spinose. Ci sarà da decidere se prolungare la chiusura tra le Regioni. Capire se è il caso di prolungare il mandato a Domenico Arcuri. Migliorare il piano vaccinale. Ma sta anche per sorgere, e non è cosa da poco, un’altra non indifferente grana sul nuovo “Piano strategico operativo nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale” approvato non molti giorni fa. Si sperava che il Conte bis avesse risolto tutti i problemi, dopo la figuraccia del piano mai aggiornato e (forne) neppure applicato. E invece pare vi siano errori, sottovalutazioni e non poche mancanze.

A certificare le “criticità” è ancora una volta il generale Pier Paolo Lunelli, già autore di protocolli pandemici per diversi Stati Ue e di altri due importanti dossier sulla risposta italiana alla pandemia. L’ultima fatica è stata presentata in occasione della inaugurazione di Anagenesis. Centro di Ricerca e Monitoraggio Preparazione Pandemica, un think tank fondato da Robert Lingard con lo scopo di fornire agli Stati ricerche scientifiche con cui migliorare l’approccio alle epidemie.

Il giudizio di Lunelli è lapidario. Il documento messo a punto dal ministero è un mal riuscto "mix volto ad acquisire soltanto parte delle capacità necessarie per poter poi elaborare un piano pandemico". Avrebbero dovuto tenere distinta la fase di "preparazione" (da fare a monte) da quella di risposta ad un virus, e invece nel documento c'è "un po' dell'uno e un po' dell'altro". Ma non tutto. In sintesi: qualcosa, ma non abbastanza. Inoltre risulta “un documento complesso, di difficile lettura e di ardua applicazione, esattamente come lo era quello del 2006”. Troppo “burocratese”, eccessiva delega alle Regioni nella gestione delle risorse umane, possibili contese e dispute. Insomma: siamo punto e d’accapo.

Lunelli arriva addirittura a scrivere che tecnicamente non lo si potrebbe neppure targare come "piano pandemico". "Anche la dizione 'strategico' è fuori luogo - dice - il livello è quello operativo, il cui compito è trasformare le decisioni del livello strategigo in azioni sul campo". Possibile che, dopo quanto successo, l'amministrazione non sia riuscita a realizzare qualcosa di ben fatto?

E pensare che la via da percorrere era stata tracciata dall’Oms già nel lontano 2007: invece di mescolare tutto in un pot-poirru come fatto dall'Italia, bisognava correre su due binari paralleli e distinti per poi farli convergere al momento opportuno. Cosa c'è nel nuovo "Piano pandemico"?

Per fare un buon lavoro occorre innanzitutto programmare lo sviluppo delle capacità fondamentali: effettuare l’inventario di ciò che abbiamo (ce ne siamo dimenticati un anno fa); individuare ciò di cui abbiamo bisogno, anche in base all'esperienza pregressa (“attività non svolta compiutamente ai vari livelli”, dice Lunelli); infine formalizzare un programma di investimenti e una legislazione specifica per superare le varie mancanze. Il nuovo Piano, va detto, prevede un programma per lo sviluppo delle capacità fondamentali. Peccato, spiega Lunelli, che ne manchino "all'appello" un paio "di carattere vitale": da una parte manca un progetto per una legislazione adeguata e la valutazione dei costi ("aspetti sui quali non si falcun cenno"): dall'altra non v'è attenzione per la capacità di coordinamento a livello strategico interministeriale ("nel documento è stato indicato solo un punto di contatto e un numero di telefono con l'Oms"). Entrambi gli aspetti sarebbero di competenza del ministero della Salute.

Il secondo binario, invece, riguarda più da vicino la pianificazione pandemica. Ed anche qui non mancano lacune. Primo punto: nell’elaborazione di un piano strategico (di almeno 5 anni), di livello interministeriale sotto la guida del dicastero della Salute, bisognerebbe innanzitutto definire gli scenari e finaziarli prima di mettere per iscritto il "piano". L’Italia ha operato così o ha saltato qualche passaggio? “Partire ora col piano pandemico sanitario senza l’approvazione governativa dello scenario prescelto e dei relativi presupposti di pianificazione - scrive Lunelli - è come mettere il carro davanti ai buoi e sarà fonte di cortocircuiti nelle successive attività”. Una volta stilato il piano pandemico sanitario a livello operativo, pare che non sia stato neppure fatto correttamente. Per Lunelli mancherebbero infatti all'appello “molti elementi dichiarati necessari dalle linee guida dell’Oms”. Il generale li elenca tutti: “Mancano a) la descrizione del contesto; b) il concetto operativo (CONOPS) che sintetizza i ruoli, le responsabilità e come le varie organizzazioni lavoreranno insieme e si coordineranno a livello nazionale, regionale e locale per rispondere a un’emergenza; c) la mappatura del rischio; d) la catena di comando e controllo; e) i meccanismi di coordinamento; f) la valutazione del rischio; g) l’attivazione di un centro operativo sanitario h24 sette giorni su sette. Tradotto: non si capisce bene chi debba fare cosa, e soprattutto con quali strumenti.

Questi due binari, alla fine, dovrebbero “convergere in una stazione di verifica” per eseguire “le liste di controllo”: esercitazioni, raccolta e implementazioni delle lezioni apprese. Sono previste nel nuovo Piano? Si cita una simulazione nel 2022, peccato che “il completamento della capacità n.6 sulle 'Comunicazioni del rischio al pubblico' sia stato programmato per il 2023”. Che senso ha esercitarsi senza prima aver completato la preparazione?

In conclusione, il nuovissimo "Piano pandemico" ha numerose "carenze concettuali". Infatti non aderisce adeguatamente ad alcune linee guida dell’Oms e al Regolamento Sanitario Internazionale (Rsi). Sottovaluta alcuni aspetti di coordinamento e di pianificazione strategica. E soprattutto contiene un’organizzazione di comando e controllo “lacunosa”, proprio come successo nell’ultimo anno. Bene, ma non benissimo. Un prodotto ottimale, infatti, dovrebbe “indicare chiaramente” chi fa che cosa e con quali risorse. Senza denaro, infrastrutture, legislazione, procedure standardizzate, strutture organizzative e personale formato ogni programmazione diventa inutile. Non solo.

Qualora tutte le risorse non siano disponibili immediatamente - scrive Lunelli - tutto "rimane nello stato di semplice libro dei sogni”. Ed è proprio quello che rischia l'Italia col nuovo Piano appena approvato.

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