È triste, proprio nel giorno della memoria della Shoah, che l'Università Ca' Foscari di Venezia pubblicizzi, con foto civettuola e compiacimento mediatico, un incontro con la «special rapporteur on the occupied palestinian territories» Francesca Albanese. Dispiace che sia italiana questa collezionista di luoghi comuni. La base ideologica della politica che ha portato allo sterminio degli ebrei, proprio ieri ha risuonato alla Ca' Foscari: la delegittimazione e la criminalizzazione degli ebrei oggi è travestita dalla più banale «damnatio» dello Stato d'Israele. Non spenderò parole su questa ultima incarnazione dell'antisemitismo: bastano i testi del professor Robert Wistrich. Antisemitismo oggi è la criminalizzazione di Israele, il ridurlo nei panni di uno stato colonizzatore, di apartheid, indegno di vivere la Albanese ne è campione. E non conosce remora, e questo fa vergogna, all'Onu, al suo Paese d'origine. Ne ha fatto anche oggetto di interrogazione il senatore Giulio Terzi di Sant'Agata, con i documenti di 4mila avvocati dell'International Legal Forum impegnato nel contrasto all'antisemitismo e nella promozione dei diritti umani, e di un gruppo bipartisan del congresso Usa. Chiedono all'alto commissario per i diritti umani Volker Turk di licenziare la fomentatrice di odio. L'Onu ha sempre scelto male, la maggioranza automatica ne fa una fucina di condanne per Israele e di finanziamenti ai palestinesi che finiscono in terrorismo e propaganda dell'odio. Ma Albanese è speciale: anche quando è stato ucciso Alessandro Parini, anche quando due ragazzine, Rena e Maya Dee, e la loro mamma sono state ammazzate la «rapporteur» riporta che Israele non ha diritto all'autodifesa. Albanese ha partecipato a varie iniziative di boicottaggio Bds, ha definito «difensori dei diritti umani» individui arrestati per terrorismo, ha comparato quella che i palestinesi chiamano la «nakba», cioè l'esodo del 1948 durante la guerra da essi iniziata, all'Olocausto, su questa linea indecente ha paragonato Hamas a Gaza agli ebrei del Ghetto di Varsavia, ha anche scritto che l'Europa e l'America sono soggiogate «dal senso di colpa e dalla lobby ebraica», difende i missili da Gaza, ha partecipato a conferenze con Hamas, ha lodato terroristi come Leila Khaled; sull'accusa di apartheid, la più assurda, sostiene che non è abbastanza. Albanese non accetta l'indubitabile appartenenza storica degli ebrei alla terra di Israele, a Gerusalemme. Per lei la sparizione di Israele è un obiettivo, ha detto che è stato creato «in Palestina», nome inventato dai romani dopo la distruzione del Tempio.
Il modo in cui Albanese agisce vellica le speranze genocide, chiude la porta alla convivenza, ignora l'autocrazia e la corruzione in cui i palestinesi sono rinchiusi. È tempo che l'Onu abbandoni il gioco della Guerra Fredda, l'ammiccante propaganda antiebraica.
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