Sibilla Aleramo pazza d'amore. "Volevo baciarti le ginocchia"

Sono ancora memorabili le parole infuocate della scrittrice a Dino Campana

Sibilla Aleramo pazza d'amore. "Volevo baciarti le ginocchia"

Abbiamo iniziato a pubblicare le lettere d'amore inviate da persone illustri del passato. Tra i mittenti, ci sono Eleonora Duse, Napoleone, Virginia Woolf, Verdi e moltissimi altri. Le gioie (o le pene) d'amore dei «grandi» saranno commentate da editorialisti, scrittori, artisti, cantanti, attori tra i più significativi del panorama italiano. Invitiamo anche i lettori a intervenire nel dibattito, scrivendo alla casella di posta elettronica letteredamore@ilgiornale.it

Perché non ho baciato le tue ginocchia? Avrei voluto fermare quell'automobile giù per la costa, tornare al Barco a piedi, nella notte, che c'è il tuo petto per questa bambina stanca. Tornare. Come una bambina, questa del ritratto a dieci anni. Non quella che t'ha portato tanto peso di storie di memorie affannose, che t'ha parlato come se stesse ancora continuando il suo povero viaggio disperato, come se non ti vedesse, quasi, e non vedesse lo spazio intorno, le querce, l'acqua, il regno mitico del vento e dell'anima... Tu che tacevi o soltanto dicevi la tua gioia. Sentivi che la visione di grandezza e di forza si sarebbe creata in me non appena io fossi partita? Nella tua luce d'oro. E non ho baciato le tue ginocchia. I nostri corpi su le zolle dure, le spighe che frusciano sopra la fronte, mentre le stelle incupiscono il cielo. Non ho saputo che abbracciarti. Tu che m'avevi portata così lontano. Che il giorno innanzi ascoltavi soltanto l'acqua correr fra i sassi. Oh, tu non hai bisogno di me! È vero che vuoi ch'io ritorni? Come una bambina di dieci anni. È vero che mi aspetti? Rivedere la luce d'oro che ti ride sul volto. Tacere insieme, tanto, stesi al sole d'autunno. Ho paura di morire prima. Dino, Dino! Ti amo. Ho visto i miei occhi stamane, c'è tutto il cupo bagliore del miracolo. Non so, ho paura. È vero che m'hai detto amore? Non hai bisogno di me. Eppure la gioia è così forte. Son tua. Sono felice. Tremo per te, ma di me son sicura. E poi non è vero, son sicura anche di te, vivremo, siamo belli. Dimmi. Io non posso più dormire, ma tu hai la mia sciarpa azzurra, ti aiuta a portare i tuoi sogni? Scrivimi!

a Dino Campana, il 6 agosto 1916,
Villa La Topaia, Borgo San Lorenzo

***

Tremo aspettando che tu mi scriva. M'hai amato, quei giorni. T'ho avuto tutto nel primo sguardo, così interamente. Perché tremo? E l'ultima sera m'hai detto: «Tanto dubitavi di te?...»

Oh, ma è la verità. Dino. Io, che non vorrei, che mai avrei voluto cambiarmi con un un'altra creatura, io che so il mio valore, so anche tutta la mia miseria, so che se tu domani mi scrivessi che è stato un sogno, che ti sei svegliato, che non mi ami, troverei nel mio orrore da chinare il capo... Perché amarmi, tu? Anche oggi, che povere frasi sciocche devo averti scritto. Come quando t'ero accanto, che non sapevo che piangere o baciarti. E ho fatto piangere tanti dacché vivo. Che importa se per ogni lagrima che ho fatto scendere ne ho versate io stessa cento. C'è tanta ombra intorno a me. Puoi averlo sentito, puoi, dopo che son partita, averlo sentito, tu che sei fatto per il sole... Dino, Dino!

M'hai detto: «Tu non dici: sempre, mai, come le altre». Ma stasera mi sembra che mai io mi sia sentita davanti all'amore una così piccola cosa oscura. Dopo tutto quanto ho vissuto e voluto, dopo aver benedetto ogni sforzo e ogni martirio credendo ogni volta di crescere e d'adunar luce in me, come mi trovo davanti a te! E se tu sapessi il disprezzo che ho per queste stesse parole con le quali cerco come d'inginocchiarmi. Tacere, non dovrei che tacere, aspettando. Bisogno di distruzione, dicevi... Come m'hai parlato del «nostro» lavoro, quell'ultimo mattino! Della cosa bella creata sotto il cielo dal fatto solo del nostro amore. - Senti i miei silenzi? - T'ho veduto staccato da tutti, libero come nessuno, e più umano ancora di me, oh Dino, ch'ero così sola a portar tutta la mia umanità.

Ma più forte di me, anche. Più alto. So quel che dico. Che ti potrò dare? T'adoro. E sento tutta la mia impotenza. Baciarti.

Sibilla Aleramo

a Dino Campana, il 7 agosto 1916,
da Villa La Topaia, Borgo San Lorenzo

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