C'è chi non ci crede. C'è chi non si fida. C'è chi semplicemente non ha interesse a concedere credito. Ma in tanti ci sperano perché al momento le alternative sembrano inesistenti. E così, dopo la visita di Xi Jinping a Mosca, ecco che la Cina torna a recitare un ruolo da protagonista per la ricerca di un percorso di pace in Ucraina. In quello che sta diventando, anche, un gioco delle parti, in cui ogni attore recita un ruolo, per la collettività e per se stesso. Pechino non è famosa per il suo altruismo ma tant'è, il piano cinese è per ora l'unico sul tavolo. E allora tanto vale provare ad approfondirlo.
Se gli Stati Uniti continuano ad essere scettici, e anzi il numero uno del Pentagono Lloyd Austin ammonisce la Cina («Se manderà armi a Mosca si rischia conflitto globale»), l'Europa ha deciso di andare a vedere le carte di Xi. Pechino continua a intestarsi il ruolo di portatore di pace e diplomazia. «La Cina mantiene la comunicazione con tutte le parti. Non abbiamo nulla da condividere al momento», spiega la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning riguardo l'ipotesi di colloquio telefonico tra Xi e Zelensky, atteso, annunciato, sperato ma non ancora confermato. Probabilmente necessaria per la strategia del leader del Dragone di accreditarsi come pacificatore e portare avanti i propri interessi, sul piano economico e strategico, vedi Taiwan. Con gli Usa in contrapposizione, l'Europa si schiera sul fronte del «forse» e inizia un pellegrinaggio sulla via della Seta. «La presidente Ursula von der Leyen terrà un discorso sulle relazioni Ue-Cina giovedì prossimo. La settimana successiva si recherà in Cina con il presidente francese Emmanuel Macron». L'annuncio ufficiale arriva al termine del Consiglio europeo di Bruxelles con il presidente francese che spiega: «porteremo a Pechino una voce unica dell'Europa».
Non solo i due ambasciatori di peso. Anche l'Alto rappresentante della politica estera Ue Josep Borrell si recherà presto in Cina. «I cinesi vogliono avere un ruolo diplomatico, vogliono essere facilitatori», ha detto Borrell, aggiungendo che «non vogliono essere associati totalmente con le azioni militari di Mosca, questa amicizia senza limiti sembra avere dei limiti». Presto a Pechino anche il premier spagnolo Pedro Sanchez. «La Spagna, e l'Europa, sostengono il piano Zelensky per la risoluzione del conflitto. Al contempo il documento cinese ha degli spunti che io credo siano di interesse. La Cina è un attore globale e la sua voce deve essere ascoltata», ha detto. Se sarà un bluff o un ruolo credibile, a questo punto, si scoprirà presto.
In parallelo alle attività diplomatiche, prosegue anche, duramente, la battaglia sul campo. Se le forze ucraine sono pronte alla controffensiva su Bakhmut, il solito vicepresidente del Consiglio di sicurezza nazionale russo Medvedev, torna ad attaccare: «Ci prepariamo anche noi e siamo pronti a usare qualsiasi arma, potremmo arrivare a Leopoli». Anche perché una cosa è certa: se è chiaro a tutti (o quasi) chi sia l'aggressore e chi l'aggredito, è altrettanto evidente che la guerra, qualsiasi guerra, si porta appresso terribili atrocità. Al punto che l'Onu ha accusato sia le forze russe che quelle ucraine di aver eseguito decine di esecuzioni sommarie di prigionieri di guerra.
«Siamo profondamente preoccupati per l'esecuzione sommaria di 25 prigionieri di guerra russi e di persone fuori combattimento e per quella di 15 prigionieri di guerra ucraini», ha detto Matilda Bogner, capo della missione di monitoraggio dei diritti umani. Un motivo in più, l'ennesimo, per sperare che la diplomazia possa portare a una soluzione risolutiva. Cinese, europea o di chi altro, poco importa.
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