C'era quest'idea di un canale artificiale che separasse due continenti che erano uniti da tre milioni di anni, sfidando la tettonica a placche e cambiando in un certo senso la faccia della Terra. C'era da risparmiare la circumnavigazione del Sudamerica alle navi che viaggiavano fra l'Atlantico e il Pacifico: evitando, a una che fosse partita dalla East Coast americana e diretta in Giappone, 4.800 chilometri, e, a un cargo che invece fosse partito dall'Ecuador, diretto in Europa, circa 8mila chilometri e 13 giorni di navigazione - di oggi. C'era da realizzare qualcosa che mai era mai stato tentato: più complicato (fatte le debite proporzioni) dell'Eurotunnel, della Piramide di Cheope e della Grande Muraglia, la quale a ben vedere è fatta di terra pressata, mattoni cotti, legname, riso colloso e che no, è una bufala storica che si veda dallo spazio.
Sembrava un'impresa, ma in fondo nel 1869 era stato inaugurato il Canale di Suez che aveva diviso l'Asia dall'Africa: avevano contribuito soprattutto i francesi, così da principio ci provarono loro a fare il Canale di Panama. Quello di Suez però era stato un taglio chirurgico al livello del mare attraverso un deserto di sabbia vuoto, privo di rilievi montuosi. La ditta francese che l'aveva scavato dunque affrontò l'istmo di Panama con lo stesso approccio. Non l'avesse mai fatto. Anche lasciando da parte le tre società finite in bancarotta e uno spaventoso scandalo di tangenti, i francesi sottovalutarono la fitta giungla in cui imperversavano la malaria e la febbre gialla e i fiumi alimentati da prodigiose precipitazioni, oltre a uno spartiacque continentale il cui punto meno alto era a 90 metri sul livello del mare. Prima che si giungesse a un terzo dello scavo, nove anni dopo l'inizio dei lavori, e dopo aver scavato 54 milioni di metri cubi, i francesi lasciarono Panama dopo aver lasciato secchi 22mila operai.
Il canale però era divenuto una fissa anche di un ambizioso sottosegretario statunitense, certo Theodore Roosevelt. Anzitutto: dove farlo? Andava bene anche il Nicaragua, che era più vicino agli States, aveva pure un lago navigabile che avrebbe risparmiato un bel po' di lavori: ma era circondato da vulcani attivi, e Roosevelt alla fine scelse Panama, che però ai tempi faceva parte della Colombia anche se i panamensi avevano tentato tre volte di sganciarsi.
La Colombia rifiutò una micragnosa offerta statunitense (dieci milioni di dollari per la sovranità su un corridoio largo dieci chilometri) e allora il presidente Roosevelt mandò una cannoniera ad aiutare i panamensi affinché avessero finalmente la meglio sui colombiani: vinsero i panamensi. Ma, il giorno dopo, Roosevelt li tradì, riconoscendo come ambasciatore di Panama (negli Usa) un ingegnere francese proveniente da una ex ditta incaricata dello scavo: il quale firmò subito un trattato che accettava le condizioni statunitensi. In pratica, poi, fu pilotato un colpo di Stato che rese l'area indipendente dalla Colombia, e significa che, ancor più in pratica, lo Stato di Panama fu inventato dagli americani per costruire un canale. Citiamo l'episodio perché quello, in particolare, sancì la reputazione degli statunitensi come gringos imperialisti, anche se, nel caso, fu la premessa di quella che è considerata la piú stupefacente impresa ingegneristica della storia umana; non solo perché ridisegnò le masse continentali e le comunicazioni fra due oceani, ma perché ebbe l'effetto di trasferire negli Stati Uniti il centro economico del mondo.
Ai tempi, però, c'era il dettaglio che il canale bisognava ancora costruirlo. Ad ammazzare così tanti «francesi» (in realtà tecnici e operai provenienti dal Caribe) era stata soprattutto l'incapacità di limitare le malattie tropicali trasmesse dalle zanzare, tipo malaria, febbre emorragica e febbre gialla. Perciò gli americani, all'inizio del 1903 ossia quando iniziarono i lavori (non 1907, come ha scritto un giornalone milanese) avevano già proceduto a bonificare Panama con una colossale disinfestazione delle paludi intorno ai cantieri, questo con sostanze oggi assolutamente vietate che probabilmente fecero pur esse qualche morto. Piazzarono poi delle zanzariere su ogni letto e dotarono gli operai di indumenti coprenti. Occorre considerare i tempi. Il 1903 era lo stesso anno in cui New York inaugurava la sua metropolitana, e la corrente elettrica era ancora una novità: sempre a New York avevano appena installato la prima centrale. Insomma, l'ipotesi che a diffondere le malattie tropicali fossero le zanzare era recentissima, basti pensare che i francesi, nel loro tentativo precedente, avevano incolpato dei contagi gli insetti striscianti (formiche, scarafaggi, scolopendre) e avevano pensato, come improbabile rimedio, di immergere i piedini dei letti in tazze d'acqua: ma fu lì che nidificarono le zanzare che poi li sterminarono.
Anche il cemento idraulico che utilizzarono era una novità assoluta: fu sperimentato lì. Il cemento armato infatti non era ancora stato inventato. In pratica il canale funzionava, come oggi, con tre conche che su ogni versante sollevano le navi a gradoni successivi, fino a quello che per mezzo secolo è stato il lago artificiale più grande del mondo: per crearlo dovettero abbattere un'intera foresta di mogano. Gli ambientalisti non esistevano.
Costruire tutto questo fu un inferno e continua a esserlo il mantenerlo in funzione: il taglio degli scavi avrebbe dovuto essere largo cento metri, ma gigantesche colate di fango continuavano (e continuano) a rovinare mesi di lavoro e seppellivano vagoni merci ed escavatori a vapore, così dovettero allargare sempre di più, e, oggi, la valle artificiale, in cima, è larga sei volte che al fondo. Per scavarla impiegarono seimila uomini per sette anni (i neo morti furono cinquemila, come detto) ma di scavare non hanno mai smesso: il limo si accumula in continuazione e ci sono frane ogni giorno, tanto che delle draghe aspiranti lavorano su un lato del canale mentre le navi passano dall'altro. Il canale di Panama, mettendola sul poetico, è come una ferita che gli umani hanno inflitto alla Terra e che la natura cerca continuamente di sanare. Senza umani che lo manutengono, e che azionano le enormi saracinesche con l'elettricità, gli elementi riavrebbero la meglio in breve tempo. Nell'attesa, di lì, passa il cinque per cento del commercio mondiale. Ci passano circa 38 navi al giorno che però fanno circa 14mila all'anno. Il Canale è lungo come la distanza tra Milano e Brescia. E chi lo gestisce, oggi? I cinesi.
Nel 1996 Panama stipulò un accordo per far gestire i porti del canale a una società di Hong Kong, poi l'anno dopo Hong Kong tornò sotto il dominio cinese, che ne assunse il controllo completo.Ed è proprio dal 1997 al 2021 che la Cina è entrata in forte competizione con gli Usa. Oggi la stessa Cina, attorno al canale, ha più 40 aziende.
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