Zelensky, il leader è al bivio: dovrà cedere senza perdere

Gli ucraini credono nella vittoria su Mosca: aperture eccessive nei negoziati sarebbero ritenute un tradimento

Zelensky, il leader è al bivio: dovrà cedere senza perdere

«Se è vero quello che ha detto Zelensky, che ogni ipotesi di pace dovrà essere sottoposta a referendum, non è difficile pensare che il dibattito sarà dominato dai falchi e non dalle colombe». Lawrence Freedman, docente emerito di Strategia militare al King's College di Londra, sottolinea uno degli effetti paradossali dell'invasione dell'Ucraina voluta da Vladimir Putin: la Russia ha detto addio per sempre a un vicino occidentale diviso da profonde barriere linguistiche o politiche, e al contrario oggi si trova di fronte un Paese più che mai unito e determinato contro quello che è ormai per tutti il nemico. Un atteggiamento debole dei negoziatori ucraini «sarebbe visto come un tradimento delle famiglie degli amici e dei colleghi le cui vite sono andate perse o rovinate per sempre», dice Freedman.

Ieri Zelensky ha parlato di fronte al Parlamento danese, senza dismettere i panni del comandante di un Paese in guerra e lanciando un nuovo appello per il rafforzamento delle sanzioni contro Mosca. Di fronte a sé, però, da adesso ha anche un problema politico. Secondo i sondaggi indipendenti, l'opinione pubblica ucraina resta salda nella volontà di resistere all'offensiva russa: il 90 per cento dei cittadini crede nella possibilità di respingere l'invasione e il 50 pensa che questo possa accadere già nelle prossime settimane. In base ai dati dell'Istituto Rating, pubblicati qualche giorno fa, il 56 per cento degli Ucraini pensa che i russi abbiano avviato l'invasione con l'obiettivo di distruggere lo Stato ucraino, il 15 per cento ritiene che Mosca volesse evitare l'ingresso di Kiev nella Nato e solo il 2 per cento crede che lo scopo fosse quello dichiarato, cioè proteggere la minoranza russa.

Di fronte a questa aperta (e del tutto comprensibile) ostilità nei confronti del Paese invasore l'elemento essenziale di valutazione (oltre a quelli ovvi relativi al destino della Crimea e del Donbass) sarà legato al tema della sicurezza. Lo ha detto con chiarezza il capo della delegazione di Kiev a Istanbul, David Arahamiya, in un briefing con i giornalisti successivo all'incontro con le controparti russe. «Vogliamo che ci sia un meccanismo internazionale in grado di funzionare con concrete garanzie di sicurezza per l'Ucraina. I Paesi garanti agiranno allo stesso modo di quanto previsto dall'articolo 5 della Nato, ma in maniera ancora più stringente».

In pratica entro pochi giorni da un qualsiasi atto ostile («parliamo di un'aggressione, una guerra ibrida, una guerra mascherata in qualsiasi formato», ha detto Arahamiya) i paesi garanti dovranno intervenire con un meccanismo analogo a quello previsto per l'Alleanza Atlantica. «Dovranno fornirci assistenza militare, forze armate, armamenti, cieli chiusi: tutto ciò di cui abbiamo bisogno ora e che non riusciamo ad ottenere». Tra i garanti gli ucraini hanno citato i Paesi aderenti al Consiglio di sicurezza dell'Onu, come Gran Bretagna, Cina, Usa, Francia, ma anche Turchia, Germania, Canada, Italia, Polonia e Israele. La lista è aperta nel senso che ulteriori negoziati potrebbero gli stessi Paesi dovrebbero fare in modo di rendere possibile il più sollecito accesso all'Unione Europea, altro elemento dal punto di vista ucraino in grado di bilanciare la rinuncia alla Nato.

Come anticipato l'accordo sarà

sottoposto a un referendum interno e dovrà ricevere il via libera dei singoli Parlamenti nazionali dei paesi garanti. Anche questo, visto il carattere stringente delle garanzie offerte, per Zelensky non sarà un passaggio da poco.

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