
L'Europa tende la mano a Donald Trump, ma lo stallo con gli Usa sul commercio per ora non si sblocca, mentre il presidente paventa un'ennesima giravolta valutando un'esenzione temporanea dei dazi sulle auto. La missione a Washington del commissario di Bruxelles al Commercio Maros Sefcovic non ha ottenuto l'esito sperato: l'offerta di zero dazi su auto e industria, più gnl e armi americani, oltre a un fronte comune per tenere a bada la sovraccapacità spinta di Pechino, è sul tavolo, ma ha ricevuto un netto rifiuto. L'agenzia Bloomberg fa sapere che Ue e Stati Uniti hanno fatto pochi progressi nel superare le differenze, e i funzionari Usa hanno indicato che la maggior parte delle tariffe ai 27 Paesi membri non saranno rimosse immediatamente. Secondo fonti informate, Washington avrebbe finora respinto la proposta europea sulla rimozione di tutti i dazi sui beni industriali, incluse le auto, suggerendo che alcune delle tasse potrebbero essere compensate con un aumento di investimenti ed esportazioni.
Il tycoon, intanto, suggerisce di esentare temporaneamente le case automobilistiche dai dazi al 25% per dare loro la possibilità di adattare le proprie catene di approvvigionamento. «Sto valutando una soluzione che possa aiutare alcune aziende in questo senso», spiega, precisando che «hanno bisogno di un po' di tempo» per trasferire la produzione da Canada, Messico e altri paesi, poiché «produrranno i loro prodotti qui». Matt Blunt, presidente dell'American Automotive Policy Council che rappresenta Ford, General Motors e Stellantis, sottolinea che il gruppo condivide gli obiettivi di Trump di aumentare la produzione nazionale: «C'è una crescente consapevolezza che tariffe estese sui componenti potrebbero minare il nostro obiettivo comune di costruire un'industria automobilistica americana fiorente e in crescita, e che molte di queste transizioni della catena di approvvigionamento richiederanno tempo».
Nel frattempo, l'amministrazione Usa annuncia dazi del 20,91% dal 14 luglio sulla maggior parte delle importazioni di pomodori dal vicino Messico, che è uno dei fornitori principali di questo prodotto. Il ministero del commercio statunitense ha rescisso un accordo del 2019 perché «non è riuscito a proteggere i nostri coltivatori di pomodori dalle importazioni messicane a prezzi iniqui, e questa azione consentirà loro di competere lealmente sul mercato». Le nuove tariffe rispondono alle preoccupazioni dei produttori della Florida, che accusano i rivali messicani di tenere i prezzi artificialmente bassi.
Trump, intanto, attacca di nuovo la Cina e il presidente Xi Jinping: questa volta prende di mira il suo tour nel sud-est asiatico (in Vietnam, Malesia e Cambogia) affermando senza mezzi termini che è «l'occasione per fregare gli Stati Uniti». Mentre sui dazi, la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ribadisce che «la palla è nel campo della Cina, sono loro che devono fare un accordo con noi, non il contrario». Intanto però la decisione del Dragone di porre restrizioni sulle esportazioni di una vasta gamma di minerali e magneti critici rischia di avere notevoli conseguenze per la sicurezza nazionale: basti pensare che secondo il dipartimento della Difesa, ogni caccia F-35 contiene circa 400 kg di «terre rare», e alcuni sottomarini ne necessitano più di 4.200 kg.
Il vice presidente JD Vance, da parte sua, apre alla possibilità di raggiungere un «ottimo» accordo commerciale bilaterale con la Gran Bretagna, in grado di riassorbire tutti i dazi imposti da Washington. Parlando al podcast britannico UnHerd, Vance spiega come i due Paesi stiano lavorando «intensamente» sull'intesa e sul fatto che ci siano «buone possibilità» per concretizzarla.
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