Il Professore lo sa: è un disastro

Finalmente il premier si è accorto che i problemi non si risolvono in Italia ma in Europa. Che è in confusione

Il Professore lo sa: è un disastro

Meglio tardi che mai. Anche Mario Mon­ti ha compreso che i guai italiani ( debi­to pubblico a parte) non dipendono tanto dalla nostra incapacità di reagire alla crisi internazionale, quanto dal marasma del­l’Unione europea che sta inghiottendo l’euro con conseguenze drammatiche. Il premier, visto il crollo della Borsa e le crescenti difficoltà interne, giovedì è corso a Bruxelles nella speranza di avere lumi dalla Comunità. Ma non pare che la luce si sia accesa. E ie­ri, come previsto, si è incontrato con Nicolas Sarkozy. Scontato il tema della discussione fra i due: come faremo a salvarci?

La situazione, infatti, nonostante gli sforzi dei vari Paesi membri, non è migliorata rispetto a mesi orso­no. L’Italia, in particolare, non riesce a trovare una via d’uscita. Molti si erano illusi che il ritiro di Silvio Berlusconi avrebbe avuto effetti benefici non solo sui mercati ma anche sull’economia. Qualcuno, come Rocco Buttiglione (per citarne uno), si era addirittura lanciato in previsioni esaltanti: «Se il Cavalie­re toglie il disturbo, lo spread gua­dagnerà 300 punti». Ullallà! Nem­meno per sogno. Lo spread conti­nua imperterrito a viaggiare sopra quota 500 e non accenna a scende­re. Come mai?

Evidentemente il problema non era a Palazzo Chigi e neppure delimitato dai patrii confini. Il nuo­vo go­verno prima ancora di esordi­re con un provvedimento era statoosannato. Poi incoraggiato, e an­cora applaudito. La manovra solo tasse e niente tagli alla spesa cor­rente ( eccettuate le pensioni), pro­pagandata dalla stampa come in­dispensabile alla sopravvivenza, ha messo invece in ginocchio pa­recchi cittadini e non ha aiutato l’Italia a rialzarsi. L’agognata fase due, quella che dovrebbe stimola­re la crescita economica, è di là da venire. Se ne parla. Le si attribui­sce un potere taumaturgico. Ma fi­nora è soltanto un sogno.

Le indiscrezioni trapelate sui contenuti delle misure, posto che siano fondate, sono deludenti: la riforma del lavoro è vaga e si ha l’impressione che sia destinata a ri­manere una buona intenzione; le liberalizzazioni sono all’acqua di rose e riguardano poche catego­rie, le meno tutelate dalle lobby: farmacisti, tassisti, edicole. Roba minima che, fra l’altro, susciterà proteste a non finire. Insomma, l’impresa dei celebrati professori si sta rivelando più difficile (con esiti al momento fallimentari) di quanto si pensasse.D’accordo,bi­sogna dare ai ministri il tempo per riordinare le idee. Ma il tempo pas­sa (quasi due mesi se ne sono an­dati) e di idee neppure l’ombra. Tant’è che la sfiducia e il pessimi­s­mo stanno subentrando all’entu­siasmo iniziale. 

A Monti cominciano a ballare i cerchioni. E lui si renderà conto che rischia di perdere la partita, se non l’ha già persa. Per quanto as­sai convinto dei propri mezzi, il bocconiano, proprio perché esperto, avvertirà le minacce che gravano sull’Europa e se ne preoc­cuperà, anche se è attrezzato per dissimulare i suoi timori. Lodevo­le il comportamento freddo e di­staccato del premier, però le gra­ne sono più grandi di lui, come era­no più grandi di Berlusconi.
L’implosione dell’euro è dietro l’angolo ed è probabile avvenga presto.

Ventisette Paesi, ciascuno con storie, lingue, economie e po­­tenzialità diverse, non si tengono insieme con una moneta unica che non rappresenta nessuno di essi. Ci vorrebbe un miracolo. Ma non sarà certo Monti a compierlo. È un bravo professore, non un dio. 

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