Matteo Sacchi
Ciò che è: è. Ciò che no è: non è. Le frasette che abbiamo appena scritto dovrebbe mettere le cose a posto, filosoficamente parlando. Anzi dovrebbero essere la base di ogni retto pensare, almeno così la pensava Parmenide di Elea fra VI e V secolo avanti Cristo. Per usare esattamente le sue dotte espressioni: «Orbene io ti dirò- e tu ascolta e ricevi le mie parole - quali sono le vie di ricerca che sole si possono pensare; l'una che "è" e che non è possibile che non sia... L'altra che "non è" e che è necessario che non sia. E io ti dico che quest'ultimo è un sentiero da cui nulla si apprende. Infatti non potresti conoscere ciò che non è ... ne potresti esprimerlo».
Peccato però che a qualche millennio di distanza questa definizione di Parmenide crei ancora parecchio scompiglio. Anzi, distinguere quello che è da quello che non è diventa sempre più difficile. Un esempio della difficoltà logico semantica di provare a dividere ciò che è da ciò che non è?
Se io dico che l'unicorno non esiste a prima vista dico una cosa sensatissima. Però con gran dispiacere di Parmenide posso raccontare favole su questo mitico animale, farne una statua a grandezza naturale e vendere gadget con la sua forma.
Il che non significa che Parmenide fosse un cretino ma che la comunicazione umana usa il termine essere o esistere con significati molto variabili. Che coprono sia esistenze materiali che immateriali. L'unicorno come idea esiste. E questo problema delle labilità definitorie, per quanto riguarda le «essenze» e gli oggetti portatori di essenze, travaglia alquanto la filosofia moderna. Wittgestein faceva impazzire Bertrand Russell solo per decidere cosa era presente o meno in una determinata stanza. Per usare le sue parole: «Il linguaggio è un labirinto di strade. Vieni da una parte e ti sai orientare; giungi allo stesso punto da un'altra parte, e non ti raccapezzi più». Bene a dar conto di questo guazzabuglio, che però e fondamentale per fondare la logica, ci prova in un bel saggio Francesco Berto: L'esistenza non è logica. Dal quadro rotondo ai mondi impossibili (Laterza, pagg. 283, euro 16). Berto che insegna all'Università di Venezia, Milano San-Raffaele e Aberdeen, in un libro che ha il pregio di spiegare in modo il più possibile semplice cose molto difficili, vi farà fare una bella passeggiata in tutti i paradossi della logica dell'esistere. Citando solo qualche piccolo esempio: I cento talleri di Kant, l'x che pegasizza, Principio di indipendenza e principi di comprensione, il fatto che il quadrato rotondo è tanto rotondo quando quadrato...
E il recensore deve ammettere che questo libro può far venire il malditesta. Ma ora come ora, a non sapere con certezza se l'essere è, e voi con lui, il malditesta non vi viene lo stesso? Allora tanto vale buttarsi nelle pagine di Berto.
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