Questa terra è ancora la terra di Woody Guthrie

Torna l'autobiografia (con invenzioni) del cantante folk che ha ispirato, tra gli altri, Dylan e Bruce Springsteen

Questa terra è ancora  la terra di Woody Guthrie
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Erano giorni in cui viaggiare da clandestini su un treno merci o integrare un magro salario facendo la lotta in un circo itinerante era non dico all'ordine del giorno ma nemmeno tanto raro. Il sogno americano sembrava a portata di tutti e bastavano una chitarra, qualche smargiassata da bar e un minimo di sfacciataggine per raggranellare qualche centesimo con cui placare i morsi della fame. Woody Guthrie quelle tre cose le aveva, oltre a un coraggio da leoni, un'innata intolleranza per le ingiustizie e una pericolosa inclinazione ai pasticci. Oggi tutti lo conoscono come il padre del cantautorato americano, ma ottant'anni e qualche mese fa uscì l'unico suo esperimento con la prosa, Questa terra è la mia terra, una raccolta semiautobiografica di storie di strada. Quel semi indica le panzane che, da buon cantastorie, amava raccontare, infarcendole di volta in volta di dettagli nuovi. Questa terra è la mia terra (oggi riproposto da Marcos y Marcos) va riscoperto: con una prosa allitterata, un tentativo di trascrizione della parlata dei poveracci americani degli anni Trenta, vi farà ridere di gusto e vi commuoverà. Abbiamo chiesto a diverse figure, statunitensi e non, di indicarci perché questo libro e il suo autore sono fondamentali.

James Lee Burke è uno degli autori di thriller americani più autentici. Il suo detective Dave Robicheaux è un eroe quotidiano finito a più riprese nella polvere, come molti personaggi di Guthrie. «Penso che la qualità primaria dell'autobiografia di Woody stia soprattutto nella crudezza del suo ritratto dell'America durante la Grande Depressione, un ritratto che ha trasformato in semidei rapinatori di banche in eroi e venditori di Bibbie porta a porta. Se pensate che non ce ne siano più, vi sbagliate.»

Autore de I sei giorni del Condor (tre nello splendido adattamento cinematografico di Sydney Pollack), James Grady è un cronista radicale della provincia americana. «Woody Guthrie ha regalato all'America e al mondo prosa invece che visioni poetiche cantate della terra in cui aveva viaggiato, dei posti che aveva visto e delle speranze che tutti noi nutrivamo in essa.»

Giancarlo De Cataldo non ha bisogno di presentazioni. Chi avrebbe mai detto, però, che Woody avesse un posto tra le sue influenze letterarie? «Lessi Questa terra è la mia terra a vent'anni. Capii che c'era un altro modo per amare l'America: il modo giusto.»

John Densmore, il batterista dei Doors, è laconico quanto chiaro: «Senza Woody Guthrie non ci sarebbe Bob Dylan!».

Nora Guthrie, oltre che figlia di Woody, è la curatrice del suo sterminato archivio ed è grazie a lei che è stato creato a Tulsa, Oklahoma, il Woody Guthrie Center. «Bob Dylan fu il pifferaio magico che condusse tanti suoi amici musicisti verso le canzoni e le storie di Woody. È risaputo che faceva circolare copie di Questa terra è la mia terra tra figure come John Lennon e Jimi Hendrix. Negli anni Sessanta, tutti i laureati avevano letto Sulla strada di Jack Kerouac. Tutti i musicisti, invece, hanno letto Questa terra è la mia terra e, ironicamente, sono quelli che sulla strada c'erano per davvero.»

Jim Sallis viene dall'Arkansas, terra gravida di blues. I suoi thriller ambientati nel Sud sono considerati da molti letteratura di serie A. Sallis è un valente chitarrista, tuttora attivo con varie band di musica old time. «Ho cercato di farmi venire in mente qualcosa da dire, ma per me come per molti miei connazionali parlare di Woody Guthrie è un po' come cercare di spiegare l'ultima conversazione fatta con il crepuscolo di ieri sera: è semplicemente, costantemente presente nella mia mente.»

Creatore dell'iconico investigatore tetraplegico Lincoln Rhyme, Jeffery Deaver ha un passato da folksinger che non in molti conoscono. «Lessi Questa terra è la mia terra molti anni fa e capii immediatamente che era uno dei libri più importanti per la cultura e la politica americane. Non c'è migliore descrizione della vita nei tempi ricchi e preoccupanti e ottimistici del paese all'inizio del XX secolo.

Non appesantita da strane idee geopolitiche, è la storia di una persona qualunque, piena di polvere e sudore ed emozioni autentiche e sofferenza. E, per di più, l'introduzione l'ha scritta un mio idolo, una persona che anni fa mi diede un consiglio sulla scrittura: Studs Terkel. Non c'è mai stato nessuno come Woody. E mai ci sarà.»

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