Colonne, volte, affreschi, giochi di luce e di spazi. Voluta da papa Alessandro VII, realizzata nel 1657 dal genio di Piero da Cortona, copiata dagli architetti di Versailles. Ma poi cancellata nel 1811 per ordine di Napoleone, coperta da muri e tende, dimenticata per duecento anni. Adesso però, dopo un accurato restauro, è tornata tutta al suo antico splendore. Siamo agli ultimi ritocchi. L'11 ottobre Giorgio Napolitano inaugurerà infatti la Sala degli Ambasciatori, che completa i rifacimenti della Sala Gialla e di quella di Augusto e che ci dona di nuovo per intero la Galleria pontificia.
Piano nobile del palazzo dei papi, poi dei re e quindi dei presidenti della Repubblica, dodici finestroni sulla piazza: li, in uno spazio lungo 70 metri, si è svolto uno dei ripristini più spettacolari. Alessandro VII aveva chiesto a un Pietro da Cortona già avanti con l'età un progetto per la sua galleria e aveva affidato ai suoi allievi l'onere di dipingere: ecco infatti le opere di Carlo Maratta, Gaspar Dughet, Pier Francesco Mola, Filippo Lauri, Guglielmo Curtois e Cino Ferri. Siamo negli anni della peste a Roma, che fece 14 mila morti, e dell'inizio dei lavori del colonnato di Bernini a San Pietro. Anni di grandi opere. Infatti, in fondo alla galleria, ai due lati, ci sono le immagini di due realizzazioni di papa Alessandro: la chiesa di Santa Maria della Pace, che proprio Pietro da Cortona aveva ristrutturato, e la Porta del Popolo, da dove Cristina di Svezia, regina convertita, tre anni prima aveva fatto il suo ingresso a Roma.
Tutto bene, finchè Napoleone non pensò di far del Quirinale la propria reggia e di volere proprio nella Galleria Pontificia. i suoi appartamenti privati. I lavori furono affidati all'architetto Raffaele Stern, che per fortuna non aveva la mano troppo pesante. Ma per poter disporre i mobili servivano dei muri e quindi furono chiuse tutte le finestre da un lato. E per ricavarne delle stanze bisognava dividere l'ambiente: le pitture vennero cancellate e sepolte da pesanti tessuti. E pensare che l'imperatore non mise mai piede a Roma.
Passarono così un paio di secoli. «Nel 2001 - racconta Louis Godart, consigliere del presidente per il patrimonio artistico - , siccome bisognava rifare l'impianto elettrico, abbiamo compiuto i primi saggi. L'emozione è stata fortissima, sotto esisteva ancora tutto quel che Pietro da Cortona aveva pensato». Grandi colonne e figure di alti giovani nella parte superiore, come dei telamoni, reggono i dipinti con le Storie del Vecchio e del Nuovo Testamento. Ed è questa la grande novità negli ambienti che erano stati creati da Domenico Fontana nel 1588 per papa Sisto V Peretti. Con il suo progetto, Pietro interviene dal pavimento al soffitto.
Tutto perso per colpa di Napoleone, tutto o quasi recuperato. A costo zero, grazie allo sponsor. «Lo abbiamo fatto per festeggiare i 150 anni dell'unità d'Italia». dice Diana Bracco
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