![È Richard Millet l'ultima "vittima" del mostro Breivik. E dei conformisti](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2024/04/28/1714284621-r600x-richard-millet-993x543-1596548888096.jpg?_=1714284621)
Il 22 luglio 2011, in Norvegia, Anders Breivik ha ucciso 77 persone. Al centro di Oslo, davanti agli edifici del governo norvegese, ha provocato, tramite un'autobomba, otto morti. Due ore dopo, travestito da poliziotto, Breivik ha fatto irruzione sull'isola di Utøya, tra le fila di un campus di laburisti norvegesi. Ha ucciso 69 persone tra i 14 e i 51 anni. Giudicato sano di mente, è stato condannato a ventun anni di reclusione, la pena massima prevista dal codice norvegese. Breivik beveva Budweiser, indossava polo Lacoste, leggeva Hobbes e Orwell. Esente dal servizio militare, ha speso parecchi soldi per rifarsi il viso.
Naturalmente, la notizia ha scosso i giornali, ha allarmato le genti. Richard Millet, tra i grandi scrittori francesi di oggi - leggete, tra gli altri, La confession négative e Une artiste du sexe, editi da Gallimard - ha fatto quello che deve fare uno scrittore: trarre dal fatto il simbolo, dalla nuda cronaca in cui sciaguattano gli opinionisti l'emblema che spiega una civiltà. Così, nel 2012, per Pierre-Guillaume de Roux - straordinario editore di libri mai innocui, figlio di Dominique, quello dei «Cahiers de l'Herne», l'amico di Gombrowicz, l'esegeta di Céline - pubblica Elogio letterario di Anders Breivik. È un saggio brevissimo, voluttuosamente polemico, di dodici pagine, che segue un testo più ampio, Lingua fantasma, in cui, tra l'altro, Millet si scaglia contro l'«insignificanza pomposa di Umberto Eco» e del suo ecolalico romanzo, Il nome della rosa, «crittogramma vacante della fine della letteratura europea». Il libro - Lingua fantasma seguito da Elogio letterario di Anders Breivik - è stato pubblicato in Italia, nel 2014, da Liberilibri, sempiterno onore a loro.
Accadde l'impensabile. Annie Ernaux - che dieci anni dopo avrebbe vinto il Nobel per la letteratura - vara dalla tribuna di Le Monde una lapidazione pubblica contro Millet. L'articolo - pubblicato il 10 settembre del 2012 - ha un titolo di pacchiana efficacia: «Le pamphlet fasciste de Richard Millet déshonore la littérature». Al di là dell'aggettivo «fascista», buono per condire un po' tutto, l'insolenza come l'insalata, cos'altro dovrebbe fare uno scrittore se non «disonorare» la letteratura? La fatwa della Ernaux verrà controfirmata da 119 scrittori, tra i quali Tahar Ben Jelloun, Amélie Nothomb, J.M.G. Le Clézio. In poche settimane, Richard Millet perde tutto. Lettore e autore di punta Gallimard (tra l'altro, ha scoperto Le benevole di Jonathan Littell), viene prima marginalizzato, poi licenziato. L'«intelligenza» francese, in stile sovietico, epura l'autore irredimibile. L'ultimo libro di Millet edito da Gallimard, Sibelius, è del 2014; da allora lo scrittore è un paria, pubblica per piccoli editori - Léo Scheer, Fata Morgana, Samuel Tastet - libri ritenuti pregiudizialmente impubblicabili dagli ayatollah della cultura francese. «Per il mondo letterario francese sono un maledetto, uno ai margini... Sopravvivo senza più occuparmi di letteratura ufficiale, e d'altra parte questo è il miglior modo di scrivere», ha detto Millet in un'intervista realizzata da Edoardo Pisani sull'ultimo numero di Poesia (n. 29, Gennaio/Febbraio 2024, pagg. 128, euro 14).
Già, ma cosa dice davvero l'Elogio letterario di Anders Breivik? Nulla di che. Millet prende le ovvie distanze dal fatto - «non approvo gli atti commessi da Breivik»; «non sento nessun tipo di vicinanza con Breivik» -, stigmatizzando la cultura abborracciata del pluriassassino. Eppure, intravede in Breivik l'estremo esito di una politica che vuole «cancellare la nostra eredità culturale perché dichiarata politicamente scorretta e razzista». Millet attacca chi vuole mostrificare alcuni a garanzia dell'ipocrisia di tutti gli altri. «Lungi dall'essere un angelo sterminatore, o una bestia dell'Apocalisse, Breivik è allo stesso tempo boia e vittima, sintomo e impossibile rimedio. Meglio: è l'impossibile stesso, la cui negatività s'è scatenata nel cielo spirituale dell'Europa». Secondo i crismi della grande letteratura francese - Gide, Montherlant, Marcel Johuandeau, Dreu La Rochelle, Georges Bataille, Jean Genet, Pierre Guyotat - Millet mostra l'oscuro, inscena l'osceno, scatena la bestia. Non è un caso - accusa - che il vero nemico del «Nuovo Ordine morale» sia la letteratura, «ciò che ci permette di dare nomi a noi stessi e alle cose».
Le piccole edizioni Les Provinciales hanno da poco pubblicato il Journal di Millet (pagg. 608, euro 32) scritto durante gli anni dello scandalo. Il libro documenta dall'interno la messa al bando di uno scrittore nella democratica Europa. Ne ricalco alcuni brani (inedito in Italia, la traduzione è di Edoardo Pisani). «Il testo su Breivik fa scandalo. Lo hanno letto veramente oppure prendono il titolo alla lettera?... La gentaglia si scatena: il milieu ha dato il via libera alla caccia. Gallimard mi proteggerà? Ne dubito. Ho troppi nemici, soprattutto da Gallimard. Dicono che cerco lo scandalo, però oggi è la verità che fa scandalo, perché quotidianamente offesa»; «Sono diventato l'uomo da abbattere e quasi ne sorrido... In un certo senso, sono indifferente a tutto»; «Più un sistema è corrotto, più esercita la sua violenza su chi devia dalla norma. La violenza del mio affaire dimostra: 1. che il sistema aveva bisogno di questa unanimità violenta contro di me, 2. che avevo ragione quando affermavo che Breivik è il criminale rivelatore del fallimento dell'Europa mondializzata, 3. che la società letteraria francese non vale niente».
Mentre lo scandalo è al culmine, la moglie di Millet, Béatrice, scopre di avere un tumore al seno. Le ultime righe sono strazianti. «È quasi finita. Avranno la mia pelle. Sto perdendo tutto - con la voglia di perdere (me stesso) ancora di più, che poi è la sola reazione possibile». Forse è proprio così, forse uno scrittore deve morire al mondo perché la sua opera esista. L'ultimo libro di Millet è il suo primo libro in versi. S'intitola L'Entrée du Christ dans la langue française (Samuel Tastet, 2024). «Poeti oggi, in questi tempi di angoscia? La domanda di Hölderlin è più che mai attuale, sebbene le lingue siano minacciate dal goblish, dal babelismo, dall'ideologia, dalla pubblicità, dall'intrattenimento, dal Brutto. Continuiamo quindi a scrivere, pur sapendo che è sempre un gesto a perdere, ovvero che siamo perduti nel chiasso del mondo, esiliati, marginali, senza romanticismo né pathos».
Alcuni versi - pubblicati in anteprima su Poesia - hanno vigore di neve: «Mal ti colga nell'obbrobrio/ ingenuo poeta e guerriero folle/ per aver ricordato che la purezza/ si schiera fra i rovi/ quando la rugiada ha disertato le labbra».Chiamino ancora reazionario chi reagisce alla gogna con la poesia.
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