RomaA suo favore giocano la non ostilità tedesca, il sostegno del governo italiano - a cominciare da Berlusconi, disposto a rinunciare ad un commissario di peso - e quello non indifferente dei socialisti europei (Pse). Contro, gli giocano le perplessità di alcuni Paesi dellex-Est europeo per il suo passato comunista, il suo noto preferire i palestinesi ad Israele, ma ancora, e più di ogni altra cosa, linsistenza britannica per Blair presidente dellUnione e la difficoltà di mettere assieme un puzzle che non riguarda solo i vertici della Ue per i prossimi 5 anni.
Per Massimo Dalema, 60enne ex-premier e già titolare anche del nostro ministero degli Esteri, sono giorni impegnativi. Al di là dei silenzi formali, si sa che tiene allincarico anche perché nel suo entourage non nascondono che abbia manifestato non poco fastidio per chi, negli ultimi mesi, lo indicava come il vero kingmaker di Bersani nello scoperto tentativo di rientrare in gioco. Che Massimo DAlema sia ombroso è noto. Che ritenesse di poter essere una carta spendibile per la ricostruzione della sinistra italiana, scontato. Logico dunque che possa aspettarsi oggi dallEuropa quei galloni che i suoi invece hanno guardato con malcelato sospetto se non con autentica acrimonia.
Quel che lascia a desiderare però è il pasticcio nel quale si va ritrovando in queste ore Frederick Reinfeldt, premier svedese - e in quanto tale guida della Ue del semestre che terminerà a dicembre -, incaricato di trovare la quadra tra mille voci, decine di aspirazioni e un nodo ancora inestricato. Lostacolo che condiziona un po ogni cosa è linsistenza inglese sul nome di Tony Blair come presidente Ue per i prossimi due anni e mezzo (incarico che sostituisce la presidenza semestrale dei vari Paesi). Brown non cede, e il perché è chiaro. Con il nuovo sistema che viene introdotto e che prevede che le decisioni siano prese a maggioranza, e non più allunanimità, Londra non vuole trovarsi a dover fare i conti col suo euroscetticismo in quel di Bruxelles. Non potendo più agire sul veto, ha bisogno di un guardiano del sistema. Chi meglio allora dellex-inquilino di Downing Street che, del resto, a lungo è stato creduto il meno anti-Ue dellintera Gran Bretagna?
Solo che lipotesi Blair - ben accetta qualche tempo fa a Sarkozy, Merkel e Berlusconi, oltre che a Varsavia, Lisbona e in altri Paesi che anni fa erano prigionieri della Cortina di ferro - insospettisce ora un po il tandem franco-tedesco proprio per il timore che si resti impantanati nellimmobilismo. Tanto da far preferire a Parigi e Berlino il più grigio e obbediente premier belga Van Rompuy. Se fosse questultimo a prevalere, gli inglesi potrebbero rivendicare lincarico del nuovo mister Pesc (politica estera e sicurezza comune) che è tra laltro vice-presidente della commissione, ma Miliband, titolare del Foreign Office, non ne vuol sapere visto che pensa semmai alleredità di un Brown possibile sconfitto dai conservatori di Cameron. Ed è per questo che il premier britannico non cede su Blair. La cui nomina però - benché sia inviso oggi soprattutto al Pse - sarebbe da accreditare proprio al campo socialista, escludendo dunque DAlema dalla corsa e lasciando la strada libera a qualche popolare (laustriaco Faymann in prima fila).
Insomma, le cose non sono così semplici per DAlema. Anche perché nel gioco rientra tra laltro anche la non lontana sostituzione di Jean Claude Trichet alla guida della Bce (il suo pensionamento è previsto per il 2011). I tedeschi puntano decisamente alla successione col governatore della Bundesbank Axel Weber, ma temono una candidatura di Mario Draghi, ben visto da molti soci delleurozona. Per cui si dicono disposti a sostenere DAlema ma in cambio vogliono il via libera per la Banca Europea.
Né i giochi sono finiti qui.
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