Il rock duro degli Idles sfonda anche in Italia

La band inglese riempie l'Alcatraz di Milano e fa rotta verso il successo con musica radicale

Il rock duro degli Idles sfonda anche in Italia
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Milano, Alcatraz, locale da tremila biglietti, sold out da mesi, quasi tutti i brani cantati in coro, un concerto in crescendo verso gli inni del finale. Ecco, questo è il resoconto, in poche parole, della unica data italiana, organizzata da All Things Live Italy, degli Idles, gruppo musicale inglese molto in alto nella lista, se esistesse, del prossimo fenomeno di massa. In patria sono già in classifica da tempo.

Un risultato ottenuto con una formula per niente facile e ancora più radicale dal vivo. Ritmi forsennati e imparentati con gli anni Novanta di band elettroniche come i Prodigy (non a caso viene citata di passaggio Firestarter, successo clamoroso nel 1996). Chitarre in perenne distorsione. Il basso di Adam Devonshire è così profondo da colpire in mezzo al petto e spesso si prende la responsabilità di cucire le parti più rumorose a quelle melodiche, che non mancano per niente. L'ultimo album, Tangk, in effetti picchia meno duro dei precedenti quattro. I testi oscillano tra introspezione e politicamente corretto: immigrazione, Palestina, tutto il campionario dei temi «obbligatori» da trattare con le parole «obbligatorie», paradossalmente manca il gusto di provocare ben sviluppato nella prima leva punk. La lacuna è compensata, a tratti, da una propensione alla «guasconeria» al limite del demenziale. Netta comunque l'impressione che il quartetto sia pronto a fare il salto nei palazzetti e, perché no, perfino negli stadi. Si tratta di «rallentare» senza perdere cattiveria. Le nuove canzoni, descritte dal frontman Joe Talbot come «schegge di gioia», sono sulla buona strada.

Pubblico, a occhio, di studenti universitari ed ex studenti universitari giunti alla mezza età. Il rock è sulla strada della vecchiaia. Però si prende ancora le sue soddisfazioni. Infatti, nelle prime file, si assiste al repertorio tipico di uno show travolgente: stage diving, pogo, lancio di vestiti e altri oggetti non identificati.

Gli Idles però appartengono soprattutto alle «nuove» generazioni, come prova il loro stesso successo, impensabile nell'epoca pre-digitale, quando esistevano steccati tra generi musicali e rispettivi pubblici. Oggi anche un gruppo «di nicchia» può uscire dalla «nicchia» e allargare, con il duro lavoro, cioè con i concerti, la schiera dei fan. Gli Idles però hanno anche qualcosa di tradizionale, i dischi hanno una loro estetica non solo musicale. Non sono un pretesto per andare sul palcoscenico, l'unico luogo dove si guadagna ancora qualcosa.

Lo show

dura due ore tirate e senza bis. Sfilano i classici: Grace, Dancer, Danny Nedelko, I'm Scum e Never Fight a Man With a Perm. Fuori piove ma si torna a casa con il calore bianco delle chitarre «siderurgiche» ancora intatto.

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