La broncopneumopatia cronica ostruttiva raccontata dai pazienti

L'allarme: «La maggior parte di chi ne soffre era fumatore»

Metà degli italiani sa che cos'è l'asma, ma poco più di un cittadino su dieci conosce la broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), anche si tratta di una condizione purtroppo abbastanza diffusa. Ce lo rivela il professor Stefano Centanni, pneumologo all'Asst Santi Paolo e Carlo di Milano, invitato alla presentazione dei risultati di una ricerca di medicina narrativa condotta da Fondazione Istud per Chiesi Farmaceutici dal titolo emblematico: «Progetto Faro: far luce attraverso i racconti di Bpco». L'incontro si è tenuto nella prima metà di ottobre a Milano.

«La Bpco - ha tenuto a precisare il professor Centanni - non è una malattia, ma una somma di diverse patologie quali la bronchiolite e l'enfisema polmonare. La broncopneumopatia cronica ostruttiva è un problema enorme e con un pesantissimo impatto sanitario e sociale. Dalle banche dati dei medici di medicina generale risulta che ne siano affetti 2 milioni di italiani, ma in realtà potrebbero essere 3,5 milioni, perché moltissimi sono i casi non diagnosticati».

Diverse le ragioni per le quali non si giunge spesso alla diagnosi o vi si arriva in ritardo. Tra queste una è la stessa concomitanza di diverse patologie che caratterizza la Bpco fin dalla sua forma più moderata, quando per esempio si manifesta con i sintomi di una bronchite cronica, con catarro, tosse ricorrente e mancanza di fiato. «Va sottolineato - ha aggiunto il pneumologo dell'Asst Santi Paolo e Carlo di Milano - che la maggior parte dei pazienti con Bpco sono stati dei fumatori».

La lotta contro la Bpco, o almeno contro l'aumento dei casi più gravi che provocano una rilevante perdita di autonomia da parte dei pazienti, va combattuta con l'informazione, la prevenzione e un maggiore dialogo tra medici e pazienti. Anche per questo motivo è utile una ricerca come quella presentata a Milano, basata su 350 interviste di cui 235 di pazienti, 55 di familiari e 60 di medici, insieme per la prima volta in tutta Italia.

«L'obiettivo di questa ricerca di medicina narrativa è di fornire gli strumenti per trovare codici di relazione più efficaci sul rischio della patologia, in modo da permettere un allineamento terapeutico tra i curanti, i curati e i familiari», ha sintetizzato Maria Giulia Marini, direttore Area Sanità e Salute di Fondazione ISTUD.

Aderire al progetto di medicina narrativa di Fondazione ISTUD, ribadisce la volontà di Chiesi di essere vicina al paziente, ascoltando la sua voce e quella di chi gli sta intorno. In questo caso particolare, utilizzando una metodologia di ricerca che potesse far emergere anche nuove soluzioni per la gestione della malattia, ha chiosato Marco Zibellini, direttore medico di Chiesi Farmaceutici.

RCe

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