Cos’è la malattia cronica dei reni che preoccupa

Nella maggior parte dei casi è silente fin quando non si cronicizza e in pochi ne sono a conoscenza facendo prevenzione: è la malattia cronica dei reni. Ecco l'allarme degli esperti e il ruolo del Covid

Cos’è la malattia cronica dei reni che preoccupa

A breve diventerà la quinta causa di morte del mondo ma è spesso sottovalutata e sconosciuta per la maggior parte delle persone: stiamo parlando della malattia renale cronica che colpisce mediamente un adulto su dieci in tutto il mondo. Ben 4,5 milioni di italiani presentano in stadi medi o avanzati questa problematica dei reni dovuta a diversi fattori, due su tutti l'invecchiamento della popolazione e i cambiamenti climatici. Consiste in una lenta e progressiva riduzione (nell’arco di mesi o anni) della capacità dei reni di filtrare le scorie metaboliche dal sangue.

I risultati della ricerca

Infatti, il perdurare delle ondate di calore che ormai viviamo puntualmente ogni estate affaticano e possono danneggiare i reni. La cronicità di questa malattia, però, non è ancora presa in seria considerazione tant'é che 7 italiani su 10 non hanno mai effettuato un controllo e il 50% di loro non ha neanche un nefrologo di riferimento. Sono i tristi risultati emersi dalla ricerca "Bridge the knowledge gap", condotta da AstraRicerche per la Sin (Società Italiana di Nefrologia) per la Giornata Mondiale del Rene celebrata il 10 marzo che mette in luce la scarsa informazione sulla salute dei reni specialmente tra i giovani. Infatti, solo uno su sette (13,4%) sa cos'è la malattia renale cronica mentre il 48.8% l'ha soltanto sentita nominare. Più di un terzo, il 38,2%, non ha nemmeno idea di cosa sia. Tra l'altro, il 50% degli intervistati è convinto che qualora ci fosse un problema reale sarebbe facilmente riconoscibile. Purtroppo, invece, è propio la mancanza di sintomi nelle fasi iniziali a creare le maggiori problematiche e la difficoltà di una corretta diagnosi e prevenzione, fondamentali per evitare di finire in dialisi o peggio ancora subire un trapianto.

Nella malattia renale cronica, come riporta il manuale Msd, aumenta l'acidità del sangue e insorgono anemia, danni nervosi, deterioramento del tessuto osseo oltre al rischio di aterosclerosi. I sintomi possono comprendere minzione notturna, affaticamento, nausea, prurito, spasmi e crampi muscolari, inappetenza, stato confusionale, affanno e gonfiore del corpo (generalmente delle gambe). La diagnosi avviene con l'esame del sangue e delle urine.

"Raramente si hanno chiari segnali"

"Le malattie renali danno raramente segnali chiari e riconoscibili, e per questo vengono spesso scoperte per caso, in fase ormai avanzata, in occasione di esami svolti per altri motivi". ha spiegato a Repubblica Piergiorgio Messa, Presidente della Sin, ex Direttore dell'Unità Operativa Complessa di Nefrologia, Dialisi e Trapianto Renale del Policlinico di Milano e Professore Ordinario di Nefrologia all'Università degli Studi di Milano. Un livello di consapevolezza che è inversamente proporzionale rispetto ai numeri della malattia renale cronica. Se si parla di familiarità con le malattie renali, infatti, il 21% del campione sostiene di avere avuto o avere attualmente una malattia renale, mentre ben il 42.3% afferma che è capitato a uno o più parenti. "Ci aspettiamo – continua il professor Messa – un’ulteriore impennata delle diagnosi di malattia renale cronica nei prossimi mesi quale effetto rebound dello stop che hanno subito le visite specialistiche. Un aumento del carico di lavoro che in questo momento graverebbe eccessivamente sui centri di nefrologia che, tra l’altro, vedono ridursi sempre di più il numero di nefrologi in attività".

I danni del Covid sui reni

Purtroppom, poi, ci si è messa di mezzo pure la pandemia; l'infezione da Sars-CoV-2 può colpire anche i reni di persone sane, aggravando il decorso della malattia, tant'é che un deceduto su quattro per Covid-19 presentava un danno renale acuto. E le conseguenze del Covid-19 su questi organi, spesso sottovalutati e poco conosciuti, proseguono anche nella fase di convalescenza: chi soffre di Long Covid, infatti, ha un maggior rischio di sviluppare problemi ai reni perché il virus è in gradi di infettare direttamente le cellule renali e causare danni cellulari ai soggetti con funzione renale normale prima della infezione.

All'inizio del 2020, i medici di Wuhan avevano segnalato insufficienza renale acuta legata all'infezione del virus nei pazienti. A distanza di due anni, gli studi hanno mostrato che questa situazione si verifica tra il 24 e il 57% dei ricoverati per Covid-19, ma può arrivare anche all'80% tra chi necessita di terapia intensiva.

"Il virus - spiega all'Ansa Massimo Morosetti, presidente della Fondazione Italiana del Rene (Fir) e direttore UOC Nefrologia dell'Ospedale Grassi di Roma - provoca sui reni un effetto indiretto, determinato dalla risposta infiammatoria diffusa che provoca la liberazione di mediatori dell'infiammazione nel sangue, il cui accumulo è tossico per reni". L'esperto ha spiegato che le ultime evidenze mostrano come il virus possa infettare direttamente le cellule renali e causare un processo di fibrosi con l'infiammazione che può persistere per mesi.

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