Cos'è la leucemia fulminante, malattia che ha stroncato Michele Merlo

Il giovane cantante Michele Merlo, in arte Mike Bird, si è spento a causa di un'emorragia cerebrale. A causarla, la leucemia promielocitica acuta o fulminante, uno dei tumori del sangue più pericolosi

Cos'è la leucemia fulminante, malattia che ha stroncato Michele Merlo

Non ce l'ha fatta Michele Merlo, in arte Mike Bird, cantante della sedicesima edizione di "Amici" di Maria De Filippi e di "X Factor". Il giovane 28enne si è spento per un'emorragia cerebrale causata da una leucemia fulminante (scientificamente nota come leucemia promielocitica acuta) che, in soli cinque giorni, non gli ha lasciato scampo.

Nella notte tra mercoledì e giovedì il ragazzo ha accusato un grave malore. All'arrivo dei sanitari del 118 le sue condizioni sono apparse subito disperate e a nulla è servito l'intervento chirurgico d'urgenza a cui è stato sottoposto presso l'Ospedale Maggiore di Bologna. Questa tragedia lascia tutti sgomenti e fa precipitare in un vuoto d'angoscia e di tristezza gli affetti più cari di Michele e il mondo artistico. Cos'è la leucemia fulminante che lo ha colpito e come si manifesta?

Cos'è la leucemia promielocitica acuta

Sangue

La leucemia promielocitica acuta (LAP), un sottotipo della leucemia mieloide acuta, è la forma più aggressiva e grave dei tumori del sangue. Venne studiata per la prima volta dal medico norvegese Leif Hillestad nel 1957 e successivamente analizzata in maniera più dettagliata dall'ematologo francese Jean Bernard nel 1959. Le caratteristiche genetiche della stessa furono descritte nel 1977 dalla genetista Janet Rowley che identificò la causa della malattia nella traslocazione acquisita, non presente dunque dalla nascita, di materiale genetico tra i cromosomi 15 e 17. Fu poi nel 1991 che alcuni ricercatori italiani, guidati da Francesco Lo Coco e Giuseppe Pelicci, scoprirono i geni RAR alfa e PML coinvolti nella traslocazione.

La leucemia promielocitica acuta, di cui ogni anno in Italia si registrano circa 150 casi, può manifestarsi a qualsiasi età, anche se è stato notato un picco di incidenza intorno ai 40 anni. Della stessa, che viene riscontrata più frequentemente tra i soggetti latino-ispanici, non sono purtroppo noti i fattori di rischio e la precisa motivazione della traslocazione genetica alla base della sua insorgenza. La gravità di questa forma leucemica consiste nei problemi di coagulazione che compaiono all'improvviso. Si viene così a instaurare una condizione nota come "coagulazione intravascolare disseminata". A causa dei globuli bianchi alterati, il sangue diventa denso in più punti, provocando così emorragie (soprattutto cerebrali) quasi sempre fatali.

Sintomi e diagnosi della leucemia promielocitica acuta

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I sintomi della leucemia promielocitica acuta sono l'esito di una grave coagulopatia dovuta alla presenza di granuli all'interno delle cellule e sulla membrana di queste ultime. Tale anomalia si traduce in problemi di coagulazione e in emorragie che portano i pazienti al decesso nel giro di pochi giorni. Un individuo colpito dalla malattia può, dunque, accusare:

  • porpora;
  • epistassi;
  • emorragie gengivali;
  • sanguinamenti degli organi interni (sistema nervoso centrale, apparato digerente, apparato genito-urinario);
  • febbre;
  • stanchezza;
  • malessere generale.

La diagnosi si basa sull'esecuzione di un esame al microscopio dello striscio di sangue periferico e di un esame emocromocitometrico. Indispensabile, poi, l'esecuzione di un aspirato midollare, di uno screening coagulativo e di una valutazione citogenetica. Quest'ultima consente anche la modulazione della terapia da intraprendere dopo la remissione.

Leucemia promielocitica acuta, come si cura?

Ricerca scientifica

Negli anni appena successivi alla sua scoperta, una diagnosi di leucemia promielocitica acuta era quasi sempre una condanna a morte. La sopravvivenza, infatti, raramente superava il 40%. Con il tempo la medicina ha fatto passi da gigante e oggi, tempestività permettendo, si può sperare nell'efficacia di un approccio terapeutico basato sulla combinazione chemioterapica di triossido di arsenico con acido retinoico (un derivato della vitamina A). Il primo sollecita la morte (apoptosi) delle cellule cancerose. Il secondo, invece, presiede al percorso di differenziazione cellulare dei promielociti.

I pazienti leucemici possono beneficiare, altresì, di trasfusioni di plasma fresco, emoderivati e concentrati piastrinici.

Seppur in questo modo si giunga a una percentuale di guarigione che sfiora il 90%, non sono impossibili le recidive (20-25%). In questi casi, una volta ottenuta la seconda remissione, è opportuno valutare la possibilità di un trapianto di cellule staminali emopoietiche, autologo oppure allogenico.

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