Con la sordità aumenta il rischio di demenza Intervenire è possibile

Identificazione precoce e impiego di apparecchi acustici. Il problema culturale

Fabrizio de' Marinis

Udito e cervello. Con la sordità il rischio di demenza quintuplica. Il pericolo di decadimento cognitivo è direttamente proporzionale al livello di ipoacusia. Può aumentare fino a 5 volte nei casi più gravi di sordità e per ogni peggioramento dell'udito di 10 decibel, si registra una crescita del rischio di demenza di circa 3 volte. Stando ai dati, oltre 7 milioni di italiani e 590 milioni di persone nel mondo convivono con un deficit dell'udito e vanno incontro a un rischio maggiore di sviluppare forme di demenza.

A lanciare l'allarme è stata la ricerca promossa da Amplifon, «Importante intervenire tempestivamente sul danno uditivo». La società italiana è leader mondiale nelle soluzioni e nei servizi per l'udito.

«Oggi sappiamo che tra ipoacusia e demenza spiega Alessandro Martini, direttore del Dipartimento di neuroscienze e organi di senso e docente di Otorinolaringoiatria, dell'Azienda ospedaliera università di Padova - esiste una relazione bidirezionale. Dobbiamo quindi intervenire tempestivamente sul danno uditivo, con opportuni test audiometrici e i giusti apparecchi acustici, in modo da contrastare il più possibile il decadimento della funzione uditiva. Rallentare anche di un solo anno l'evoluzione del quadro clinico, porterebbe a una riduzione del 10% del tasso di prevalenza della demenza nella popolazione generale».

Uno scenario che deve far riflettere. Nei prossimi 30 anni la percentuale di anziani raddoppierà e nel 2050 gli ultrasessantenni saranno quasi 2 miliardi (il 21% della popolazione mondiale). Nello stesso periodo, anche le persone affette da sordità raddoppieranno e supereranno il miliardo, mentre gli individui con una forma di demenza triplicheranno e saranno più di 100 milioni.

«Se oltre il 50% delle persone con più di 85 anni ha un deficit cognitivo e quasi il 90% ha un disturbo dell'udito - spiega Roberto Bernabei, direttore del dipartimento per l'Assistenza Sanitaria di Geriatria, neuroscienze e ortopedia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma - c'è il rischio paradossale di arrivare tutti a vivere fino a 100 anni di età, con gravi problemi di demenza generalizzata».

È possibile ritardare l'invecchiamento cognitivo, secondo gli esperti, con una maggiore attenzione verso la prevenzione e l'identificazione precoce della sordità.

E all'occorrenza con l'impiego di apparecchi acustici, portati però nel nostro Paese solo da 700mila persone su oltre 7 milioni di italiani ipoacustici, con una media di 75 anni, contro quella europea di 60,5 anni. «È evidentemente un problema culturale conclude Bernabei accettiamo gli occhiali quando non riusciamo più a leggere, ma facciamo fatica a considerare gli apparecchi acustici utili alla nostra salute».

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