Quando il nemico è in ufficio. Il capo che non ti dà spazio, i colleghi competitivi, gli stipendi bassi, la crisi, i tagli di personale. Risultato, sono nove milioni gli italiani che soffrono di stress da lavoro. E le donne sono colpite il doppio degli uomini. Di queste, nove su dieci soffrono di disagi psichici e disturbi dell'umore, tra cui ansia (45%) e di sindrome pre-mestruale (43%), ma anche di irritabilità e eccessiva tendenza al pianto (41%), di insonnia (39%), depressione, 20%. Ma il campionario delle malatte da scrivania comprende pure mal di testa, ipertensione, calo della concentrazione, disturbi cardiocircolatori e gastrointestinali, attacchi di panico e calo del desiderio sessuale.
Gli scienziati spiegano che tra i fattori scatenanti ci sono le forti pressioni lavorative, le barriere culturali che rendono la carriera manageriale della donna più difficoltosa, le remunerazioni non in linea con le medesime posizioni ricoperte dai colleghi, a cui si sommano le responsabilità, gli incarichi legati alla vita quotidiana e il ruolo di ammortizzatrice all'interno della famiglia. A questo si aggiunge il periodo di grave crisi economica, l'incertezza per il futuro per se e per i propri figli. Non a caso le donne giovani - complici le alterazioni ormonali nelle diverse fasi riproduttive (gravidanza, puerperio) - e quelle che lavorano a contatto con il pubblico, sono più vulnerabili agli stati di ansia.
Di fronte a questo, secondo gli esperti sono ancora poche le azioni di tutela contro all'interno delle aziende, nonostante il monito del governo a prendersi cura della salute psichica delle proprie dipendenti. Lo stress correlato al lavoro affligge tutta la popolazione europea, con punte del 60% e importanti ripercussioni sullo stato di salute. Le recentissime stime pubblicate sulla rivista European Neuropsychopharmacology attestano infatti che i disturbi psichici dal 2005, quando la prevalenza di malattia si aggirava al 27,4%, hanno registrato una progressione di più del 10% assestandosi nel 2010 su valori oltre il 38%. Tutto ciò ha importanti ripercussioni non solo sullo stato emotivo, ma anche sul piano professionale, con un maggior numero di giorni lavorativi persi, specie per la donna. I costi sono stati stimati nell'ordine dell'1% del Pil europeo.
«Questi numeri - commenta Francesca Merzagora, presidente dell'Osservatorio nazionale sulla salute della donna (ONDA) - invitano ad approfondire il tema della salute dei lavoratori, specie della donna. Nel nostro Paese sono ancora poche le aziende che programmano iniziative per favorire una gestione meno faticosa del carico di impegni e una più serena gestione del proprio tempo. Fattori che nell'opinione femminile vanno ad incidere maggiormente sul benessere e la salute psico-fisica. Noi su richiesta mettiamo a disposizione un team di psicologhe in grado di rispondere alle richieste anche personalizzate delle aziende».
Un'altra ricerca evidenzia nell'88% dei casi la perdita delle possibilità di coping, cioè delle capacità cognitive e comportamentali che consentono ad un individuo di mettere in atto strategie di adattamento. Quasi tutti però riacquistano in buona parte le competenze con un buon sostegno psicologico. «Questo dato confortante - commenta Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano - invita dunque ad una maggiore attenzione e collaborazione tra istituzioni, realtà aziendale e clinica anche nella prevenzione». Per Cristina Tajani, assessore alle Politiche per il lavoro del Comune di Milano, la ricerca dimostra «a fianco di ottime performance, le donne al lavoro sono più vulnerabili rispetto ai rischi legati allo stress: pure noi, come comune, dobbiamo dare il buon esempio».
Secondo Emanuela Palazzani, rappresentante dell'associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti, la causa della maggiore soffernza femminile «va ricercata anche nelle carenze di servizi alla famiglia e di sostanziali supporti sociali, asili nido, strutture attrezzate per gli anziani, aggravate dalla crisi economica».
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