Belgrado - E' con una punta d'orgoglio che il presidente della Serbia Boris Tadic ha confermato l'arresto del super ricercato, il generale Ratko Mladic, il "boia di Srebrenica". L'uomo che ordinò l'uccisione di circa ottomila civili musulmani della cittadina bosniaca, e assistette di persona - secondo quanto riferito da alcuni testimoni - alla morte di almeno duemila di loro. Il resto della popolazione, circa 40.000 persone, fu deportata sotto gli occhi impotenti dei soldati dell’Onu, che presidiavano la cittadina dichiarata "zona protetta". Una protezione che, purtroppo, fu solo sulla carta e non evitò quel massacro, il più grande dai tempi della Seconda guerra mondiale. "Dall’inizio della creazione di questo governo nel 2008 - ha detto il presidente Tadic - senza sosta ogni giorno gli organi inquirenti hanno lavorato per giungere alla cattura di tutti i criminali latitanti, per chiudere definitivamente il capitolo della collaborazione con il Tribunale dell’Aja. In nome della Repubblica di Serbia vi posso confermare che stamane è stato arrestato". Sotto il profilo politico l'arresto potrebbe essere una svolta per il cammino europeo di Belgrado, come ha riconosciuto l’Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Catherine Ashton.
Sotto falso nome L'uomo fermato dalla polizia serba si faceva chiamare Milorad Komadic, in realtà si trattava proprio di Mladic, l’ex capo militare dei serbi di Bosnia, ricercato da quasi sedici anni per genocidio e crimini contro l’umanità. La notizia è stata diffusa dall’emittente televisiva B92.
Il nascondiglio Mladic è stato arrestato non lontano da Zrenjanin, città della Voivodina, provincia autonoma della Serbia settentrionale. Già nell’aprile del 2010, un settimanale di Sarajevo, Slobodna Bosna, aveva riportato la notizia che il criminale di guerra si nascondeva in una fattoria della zona. Insieme a lui, ci sarebbe stato anche Zoran Obrenovic-Maljic, suo capo della sicurezza. Secondo la fonte citata dal settimanale, non era la prima volta che Mladic veniva segnalato nella Voivodina, dove poteva contare su una rete di aiuti e amici.
Le accuse Sessantanove anni, latitante dal 1995, è accusato dal Tribunale penale internazionale di genocidio, crimini contro l'umanità, violazione delle leggi di guerra nell'assedio di Sarajevo e nel massacro di Srebrenica. Generale nell'Armata Popolare di Jugoslavia, durante le guerre che portarono alla dissoluzione della Jugoslavia, diventò comandante delle forze armate in Croazia e, durante la guerra in Bosnia, Capo di Stato maggiore dell'esercito della Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina.
Fino a 7 giorni per l'estradizione Potrebbero passare fino a sette giorni per l'estradizione di Mladic al Tribunale penale internazionale. Lo riferisce il portavoce del governo serbo, Slobodan Homen, spiegando che l'ex comandante militare sarà consegnato alla Corte speciale in conformità con le leggi serbe che regolano la cooperazione con il tribunale dell'Aia. Homen ha aggiunto che Mladic sarà prima interrogato da un giudice, il quale gli consegnerà l'atto d'accusa. In seguito, la Corte dovrà decidere se ci saranno sufficienti motivazioni per procedere all'estradizione, misura contro la quale Mladic può presentare appello. Una volta che la procedura d'appello sarà giunta al termine, il ministero della Giustizia serbo avrà l'ultima parola sul caso.
La Nato L’arresto offre finalmente la possibilità di fare giustizia, ha detto il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen. Mladic, afferma Rasmussen, "è stato protagonista di alcuni degli episodi più oscuri nella storia dei Balcani ed europea".
Le famiglie delle vittime L’arresto è vissuto come "un sollievo" dalle famiglie delle vittime del massacro di Srebrenica. Lo afferma Hajra Catic, presidentessa dell’Associazione donne di Srebrenica.
Il rammarico di Karadzic L’ex leader dei serbi di Bosnia, Radovan Karadzic, sotto processo all’Aia, si è detto "dispiaciuto per la perdita di libertà del generale Mladic". Lo ha riferito il suo avvocato Peter Robinson.
La Russia Dmitri Rogozin, ambasciatore russo presso l’Alleanza Atlantica, è il primo russo a commentare la cattura del super-latitante.
"Certamente Mladic deve assumersi le sue responsabilità, ma la Serbia non percepirà il senso della sua colpevolezza se i rappresentanti della Comunità internazionale che hanno sparato ai civili non verrano condannati", ha dichiarato Rogozin a Radio eco di Mosca, precisando che bisogna anche "parlare delle responsabilità dei generali della Nato".
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