«Gli investimenti in sicurezza sono aumentati, ma manca il personale preparato». Il racconto del mercato del lavoro della cybersecurity fatto dall'ingegner Gianvittorio Abate sembra fatto apposta per accendere la speranza dei ragazzi che non si rassegnano al reddito di cittadinanza. Vent'anni fa Abate, napoletano con esperienze nelle Tlc, si occupava di cavi in fibra ottica, quando intuì che la sicurezza informatica per le aziende sarebbe diventata importante quanto quella fisica. La sua creatura, Innovery, è nata dal lavoro di quattro soci. Oggi è un'azienda con sedi in Italia, Spagna e Messico, conta su 240 dipendenti e un fatturato di 27 milioni, raddoppiato negli ultimi tre anni. E quest'anno ha attirato un importante investimento da parte del fondo Wise Equity, che ha rilevato il 69% delle quote azionarie. «Per anni ho dovuto combattere i mulini a vento come Don Chisciotte, ora le aziende cominciano a capire quanto è importante proteggere i propri dati», dice Abate.
Voi vi occupate di grandi aziende, dall'energy alla farmaceutica, ma l'Italia è soprattutto un Paese di Pmi. Rischiano anche loro?
«La piccola azienda di progettazione edilizia di un amico è stata colpita da un ransomware. Ora è in lacrime: si ritrova con i dati di tre anni di contabilità criptati e inutilizzabili e chi l'ha infettato chiede un riscatto. Anche i piccoli rischiano e sono particolarmente indifesi perché spesso a gestione familiare, con scarse competenze informatiche e si rivolgono ad aziende che al massimo si occupano di installare software e fare la manutenzione ai computer. Ma correre ai ripari dopo essere stati colpiti può essere molto difficile e costoso».
Manca la cultura informatica nel nostro Paese?
«La cybersecurity è un settore che sta accelerando tantissimo negli ultimi anni e sicuramente manca personale specializzato, ma credo che il problema riguardi anche altri Paesi».
Può essere uno sbocco lavorativo interessante?
«Un 28enne con un po' di preparazione in media arriva a una Ral (retribuzione annua lorda) di 28mila euro. A 40 anni puoi tranquillamente portare a casa più di 65mila euro».
Avrete la coda davanti alla porta, con la fame di lavoro che c'è.
«Al contrario. Purtroppo ci sono tanti ragazzi che usano il computer e gli smartphone per divertirsi e non approfondiscono. Oppure ci sono comunità di giovani che si divertono a violare difese informatiche per sfida, l'equivalente delle ragazzate che facevamo noi per strada un tempo. Ma non capiscono che potrebbero farne un mestiere».
Come bisogna prepararsi per entrare in questo settore?
«Noi abbiamo talmente bisogno di personale che una volta andavamo a cercare i neolaureati con competenze informatiche. Ora pure quel bacino non basta più.
E ci rivolgiamo agli istituti professionali. A Roma, Napoli o Miliano ci sono buone scuole che spesso vengono snobbate dalle famiglie ma che invece fanno un buon lavoro. Poi alla formazione specifica ci pensiamo noi».GMar
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