Una volta, se c'erano in giro bandiere bruciate e masse di fanatici in azione, ululanti intorno al drappo che andava a fuoco, si poteva star sicuri che le bandiere erano quelle degli Stati Uniti e di Israele; e i manifestanti, invariabilmente, musulmani variamente inferociti contro il «Satana americano» e i «sionisti».
Da oggi, anzi da sabato scorso, converrà avvezzarsi ad automatismi meno automatici, per così dire. E informarsi, per esempio, sul luogo in cui si è tenuto il falò. Si darà il caso, infatti, che ad andare arrosto possa essere una bandiera dell'Unione Europea e tutto quel che il simbolo ha saputo guadagnarsi in questi ultimi anni, caricandosi di negatività agli occhi di chi vede nel gran sinedrio di Bruxelles, e dei suoi diktat, e della sua Gran Banca, l'origine dei mali che affliggono molte delle economie continentali.
La novità arriva dall'Ungheria, dove un bel drappo blu col suo corredo di stelline gialle è andato in fumo per merito degli attivisti di Jobbik, quel «Movimento per una Ungheria migliore» che si batte contro zingari, gay e socialisti; e che cosa gli manchi- a parte l'essere anche esplicitamente antisionista- per essere simile alle SA, il primo gruppo paramilitare del partito nazista nella Germania degli anni Venti, davvero non si capisce. Ad ogni buon conto, per non lasciar spazio ad eventuali equivoci, i suoi membri sfilano in uniformi che ricordano quelle indossate dai fascisti ungheresi degli anni Quaranta. La polizia sospetta alcuni membri della Guardia ungherese, recentemente dichiarata illegale, di aver assassinato diversi rom; mentre le stesse forze dell'ordine sono accusate di passività se non di connivenza con gli squadristi della Guardia.
Non si era tuttavia mai vista una presa di posizione così netta contro l'Europa. E il valore simbolico di questa bandiera bruciata sulla pubblica piazza, bandiera che per la prima volta viene percepita come espressione e simbolo di un «potere nemico» costituito, avrà certo echi e ripercussioni negli animi di quel grande partito trasversale dei disillusi che da Lisbona si allarga fino ai Paesi dell'ex blocco comunista e che finora, forse troppo ottimisticamente, è stato definito «euroscettico».
A parole, il «Movimento per una Ungheria migliore», nato nel 2003 dalle ceneri del partito ungherese «Giustizia e Vita» e legato alla parafascista Guardia Ungherese, chiede «maggior indipendenza ». Zingari, gay e socialisti sono le pecore nere di Jobbik. Soprattutto gli zingari, che rappresentano il 10 per cento della popolazione e che essi accusano di drenare risorse economiche dallo Stato. E i consensi fioccano. Oggi il «Movimento » è il secondo partito d'opposizione, avendo guadagnato 47 seggi in Parlamento nelle elezioni del 2010. E ad esso appartengono 3 dei 22 rappresentanti ungheresi in seno al Parlamento europeo.
Sabato pomeriggio migliaia di simpatizzanti del partito hanno sfilato per le vie della capitale, Budapest, chiedendo a gran voce un referendum per dire addio a Bruxelles. «Ora basta, bisogna uscire dall'Unione», ha urlato dal palco il leader del partito Gabor Vona fra un tripudio di applausi e grida. Poi si è fatto avanti il parlamentare Elod Novak che ha afferrato una bandiera europea e le ha dato fuoco. Inutile dire che a Bruxelles la situazione ungherese, con la recente svolta autoritaria del primo ministro conservatore Viktor Orbàn, suscita irritazione e preoccupazione.
Anche perché il Paese rischia la bancarotta e ha estremo bisogno di aiuti finanziari della Ue e del Fondo monetario internazionale così come previsto negli accordi appena varati.
Anche se il governo di Orbàn, stretto fra la disapprovazione di Bruxelles e dell' estrema destra casalinga, si è detto disponibile a modificare alcuni punti della Costituzione appena varata per ottenere i fondi dell' Unione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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