Si dimettono due consiglieri dello Ior «Opinioni diverse sulla gestione»

Avevano promosso la creazione di una Sicav in Lussemburgo

Fabio Marchese Ragona

Nette divergenze sulla gestione finanziaria e sulla missione della banca vaticana. C'è questo dietro le dimissioni a sorpresa di due membri del consiglio di sovrintendenza dello Ior, l'Istituto per le Opere di Religione che, nonostante la grande ristrutturazione interna, non riesce ancora a trovare pace. I due laici che, d'accordo tra loro, hanno presentato nei giorni scorsi la lettera di dimissioni (subito accettate dal cardinale Abril y Castello, presidente della Commissione Cardinalizia di Vigilanza sullo Ior), sono il tedesco Clemens Börsig e l'italiano Carlo Salvatori, banchieri nominati entrambi nel 2014.

Il comunicato ufficiale diffuso dalla Sala Stampa Vaticana spiega che le dimissioni di Börsig e Salvatori vanno comprese «nel quadro delle legittime riflessioni e opinioni circa la gestione di un Istituto di natura e finalità così particolari come lo Ior»: in pratica avevano una visione della banca vaticana molto diversa rispetto a quella di Papa Francesco e del direttore generale Gian Franco Mammì. I due banchieri (che verranno sostituiti nei prossimi mesi probabilmente con altri due dirigenti della loro stessa nazionalità), insieme al presidente dell'istituto, Jean-Baptiste De Franssu, erano stati fautori di un progetto che avrebbe modificato la mission dello Ior, trasformandolo in una sorta di «Banca Centrale» concentrata principalmente sugli investimenti finanziari con la creazione di una Sicav, una società d'investimento a capitale variabile con sede in Lussemburgo che avrebbe permesso ai manager Ior di poter gestire una parte dei depositi dell'Istituto.

Approvato dal Consiglio di Sovrintendenza (il board laico della banca vaticana), il progetto era stato bocciato però nel maggio dello scorso anno, prima dalla commissione cardinalizia di vigilanza e poi personalmente da Papa Francesco che aveva studiato attentamente il dossier, decidendo alla fine per un «no», convinto che la missione dello Ior sia semplicemente di «servizio» nei confronti degli ordini religiosi e di tutti gli altri clienti. Linea sposata anche dal nuovo direttore generale Mammì e, successivamente, anche dal Presidente De Franssu. Entrambi, lo scorso 12 maggio, in occasione della presentazione del bilancio, hanno commentato a Radio Vaticana e a L'Osservatore Romano: «Lo Ior, come prevede lo Statuto, ha il compito di servire prima di tutto la propria clientela sparsa in tutto il mondo, assicurandole costi contenuti e servizi efficienti. L'utile realizzato va destinato alla Commissione cardinalizia, che lo mette a disposizione del Santo Padre. Questa è la nostra missione e noi vi abbiamo adempiuto».

A chiudere il quadro sono quindi arrivate le dimissioni di Börsig e Salvatori, ben diverse da quelle dell'ex presidente dell'Istituto, Ettore Gotti Tedeschi, che lasciò nel 2012 lo Ior dopo esser stato sfiduciato: «Fui cacciato a calci nel sedere» ha spiegato anche di recente, «e la mia defenestrazione iniziò dopo che iniziai a interessarmi di alcuni conti sospetti».

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