La Siria resta off limits per le Nazioni Unite. Una missione umanitaria di valutazione dell'Onu non è stata in grado di raggiungere Daraa, dove 300 oppositori al regime del presidente Bashar al Assad, sarebbero stati uccisi dall'esercito siriano. Lo stop al sopralluogo è stato riferito direttamente da Farhan Haq, uno dei portavoce Onu che ha sottolineato che si sta «cercando di capire» perché agli inviati del Palazzo di Vetro sia stato impedito di entrare nel Paese.
La settimana scorsa, le Nazioni Unite avevano annunciato di aver ottenuto l'autorizzazione per inviare una squadra di esperti a Daraa. Mercoledì scorso, il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, aveva avuto un colloquio con il presidente Assad, al quale avevachiesto di cooperare con una commissione di inchiesta del Consiglio dei diritti dell'uomo. Poi la nuova precipitazione degli eventi con la nuova tornata di mobilitazioni contro il presidente siriano e la sua amministrazione e la repressione da parte del regime. Una escalation che sta facendo salire il livello di attenzione della comunità internazionale. Oggi, ad esempio, diventeranno operative le sanzioni dell'Ue contro la Siria che includono misure restrittive contro tredici personalità del regime siriano considerati «responsabili delle repressioni violente contro la popolazione civile».
Lo scenario resta confuso anche se le notizie, attraverso Internet, filtrano da molti punti del Paese. Ieri, ad esempio, si è appreso che centinaia di donne sono scese in strada a Banias, città costiera a nordovest di Damasco, per chiedere il rilascio degli uomini delle loro famiglie arrestati dalle forze di sicurezza durante la repressione delle proteste antigovernative esplose in Siria a metà marzo. Stando al dissidente siriano Ammar Abdulhamid, negli ultimi giorni oltre 250 persone sono state arrestate a Banias. che rimane «sotto assedio», con «l'acqua, l'elettricità e le linee di comunicazione tagliate». In città, «cecchini e carri armati sono dispiegati in tutte le zone sunnite», ha proseguito l'oppositore. Centinaia di oppositori sono stati fermati negli ultimi giorni dalle forze di sicurezza, secondo la denuncia odierna del direttore dell'Osservatorio siriano dei diritti dell'uomo, Rami Abdul-Rahman, che ha parlato di rastrellamenti «eseguiti casa per casa», in particolare nelle città di Homs, Banias, nei sobborghi di Damasco e intorno a Daraa.
Secondo le organizzazioni umanitarie siriane sarebbero circa 8.000 le persone arrestate e di fatto scomparse nelle regioni meridionale di Daraa, nordoccidentale di Banias, centrale di Homs e in alcuni sobborghi di Damasco. I media governativi danno intanto ampio risalto agli incontri che il presidente Bashar al Assad sta avendo da giorni con i rappresentanti di alcune località «colpite dalle aggressioni di bande armate criminali». La tv di Stato siriana riferisce che nel tentativo di «raccogliere pareri sulle cause e possibili soluzioni dell'attuale crisi», il raìs ha oggi incontrato notabili della Provincia di Damasco (Rif Dimashq), che raggruppa i vari sobborghi della capitale, teatro di uccisioni, arresti di massa e interruzione dei servizi telefonici e dell'erogazione di elettricità e acqua. Assad aveva incontrato domenica, secondo l'agenzia ufficiale Sana, i notabili di Latakia, principale porto del Paese e anch'essa controllata dai blindati dell'esercito, discutendo con loro per ben quattro ore su «cause e soluzioni» della crisi. Il presidente aveva, sempre ieri, incontrato una delegazione di 14 giovani, provenienti - secondo la tv di Stato - da diverse regioni del Paese e di diversa estrazione sociale. I ragazzi avevano confermato la presenza di «bande armate» che hanno «sfruttato la situazione per servire gli interessi di parti straniere», ma si erano lamentati col raìs della «distanza tra i rappresentanti di Damasco locali e la popolazione», causa del malcontento che avrebbe generato le prime manifestazioni. I giovani si sono comunque detti contenti, secondo la tv di Stato, della presenza dell'esercito nella regione di Daraa, la cui «situazione è ora tornata alla calma».
In un messaggio-video trasmesso oggi dalla tv panaraba al Arabiya, il sindaco di Enkhel, località a pochi km dal capoluogo meridionale, ha letto un appello firmato dai notabili locali in cui si chiede «il ritiro dell'esercito, delle forze di sicurezze delle bande di shabbiha (squadre di lealisti armati, ndr.)» e in cui si rivendica «il diritto a manifestare in modo pacifico».
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