La sua storia comincia al Policlinico Umberto I di Roma e continua nel prestigioso centro di trapianti cellulari dell'Università del Texas. Oggi, a soli 45 anni, la dottoressa Cristiana Rastellini, un nome ben conosciuto nel mondo dei trapianti, figura nelle «Top Ten» delle mamme più potenti d'America.
È stato il sito workingmother.com a sceglierla tra le «SuperMoms» nel suo settore di competenza (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) ed è senz'altro la prima volta che a ricevere un riconoscimento tale è una mamma italiana. L'anno scorso tra le «donne che hanno raggiunto i più alti meriti nelle loro carriere e hanno parallelamente cresciuto con successo una famiglia» - puntualizza il sito - figurava la first lady d'America, Michelle Obama.
Oggi, nella classifica compaiono a fianco della Rastellini mamme come Ursula Burns, amministratore delegato di Xerox e Padmasree Warrior, manager di Cisco. In marzo, quando a sorpresa il prestigioso riconoscimento le viene attribuito - racconta Rastellini ad AdnKronos - il Rettore della University of Texas ha mandato un messaggio di congratulazione alle 12mila persone che lavorano nell'istituzione «dicendosi lui per primo orgoglioso del mio successo nel portare avanti due lavori così importanti ed impegnativi». Come dargli torto?
Rastellini sbarca a Pittsburg (Pennsylvania) nel più grosso centro di trapianti del mondo, nel 1992. Con lei il marito conosciuto nei corridoi del Policlinico Umberto I, anch'egli medico chirurgo. Quest'ultimo comincia ad occuparsi del trapianto di fegato ed intestino, mentre Rastellini si cimenta in un campo ancora poco conosciuto: il trapianto di insule pancreatiche che producono insulina, un salvavita per chi soffre di diabete. Negli Usa è quindi considerata pioniere di una tecnica che si rivela essere sempre più efficace per la cura di questa patologia.
Ottiene poi sia la direzione del centro di trapianti cellulari che la direzione della ricerca nei trapianti del Dipartimento di Chirurgia, Medicina, Microbiologia e Immunologia dell'Università del Texas, a Galveston, vicino a Houston. Grazie a Rastellini, sottolinea il sito workingmother.com, «sono stati anche fatti passi da gigante nello sviluppo del primo intestino artificiale».
«Come direttore della ricerca - spiega infatti la dottoressa - mi occupo di tutti quei settori in cui i trapianti si possono sviluppare, dall'induzione della tolleranza per evitare che il rigetto del trapianto, alla creazione di organi artificiali; dai trapianti di altre cellule, incluso quelle staminali, alla proliferazione delle cellule he producono insulina». Alla fine, «nonostante l'enorme sofferenza nel lasciare il nostro meraviglioso paese e le nostre famiglie - ammette Rastellini - le opportunità, la possibilità di condurre il nostro lavoro serenamente e i successi ci hanno portati a rimanere qui per oramai quasi 20 anni!»
Impegno, organizzazione, flessibilità e qualche sacrificio. E così che la supermamma d'America è riuscita a vincere la sfida più difficile: conciliare una brillante carriera e una famiglia numerosa. Quattro figli - 17 anni il più grande, 5 anni l'ultimo nato - un marito collaborativo ma altrettanto impegnato (dirige il Centro Trapianti) e le mascotte di casa, un cane e un gatto. Se negli Usa però non avesse trovato un nido in tutte le Università dove ha lavorato, scuole con sistemi autonomi di trasporto e strutture sportive vicino a casa, riuscire nell'impresa sarebbe stato molto più difficile. Quasi impossibile. «Non ho mai preso più di due mesi maternità e per quanto possa sembrare crudele mettere in un nido un neonato così presto, questo è un sistema vincente che concilia benissimo la famiglia e il lavoro e così ho continuato ad allattare per un anno i miei figli e a vederli in tutte le pause che avevo» spiega.
Una ricetta personale da trasmettere a tutte le aspiranti supermamme? Eccola qui: «Organizzare la vita di tutti - tra scuola, sport e attività varie - il più possibile», ma essere anche «flessibili nel caso di imprevisti che fanno saltare i piani». Poi «è molto importante spiegare sempre e bene ai figli perchè la mamma non è casa quando tornano da scuola». È così che ci si guadagna la fiducia e il rispetto dei bimbi perchè «ogni lavoro ha una importanza sociale e i bimbi sin da piccini possono riuscire a capire ed apprezzare il ruolo dei propri genitori». Nella vita di Rastellini, nonostante le distanze, c'è anche il fondamentale contributo delle nonne e l'aiuto di una collaboratrice domestica, fidata e paziente.
A sostenerla non c'è stato solo il marito, ma un sistema intero a partire dal luminare della chirurgia, Courtey Townsend, che sin dal primo colloquio di lavoro le consigliò di cercare casa vicino all'ospedale in modo da raggiungere velocemente i bimbi dopo il lavoro. «In America - aggiunge Rastellini - ho trovato un grande rispetto per le donne che lavorano e non mi sono mai sentita discriminata o penalizzata dal fatto di avere una famiglia così complessa. Le donne che hanno anche una famiglia qui guadagnano più stima e rispetto da parte dei colleghi e dei superiori. Queste donne vengono subito identificate come dinamiche, risolutrici, multifunzionali, razionali e pratiche e tutto ciò e visto come un grande vantaggio nel lavoro».
«Non credo che in Italia ci sia ancora questa visione», ha aggiunto. «Spesso donne che stanno per avere un figlio stanno anche per rinunciare al proprio lavoro e, soprattutto a certi livelli, la single in carriera sembra avere molti più numeri e possibilità di una mamma». Negli Usa conciliare famiglia e carriera, a detta della Rastellini, è insomma più facile. Ma c'è dell'altro: «Non avrei mai potuto avere in Italia la carriera che ho avuto qui. A 32 anni avevo già ricevuto milioni di dollari dal governo americano per la mia ricerca e a 40 ero uno dei più giovani professori ordinari in chirurgia degli Stati Uniti. Soprattutto, non credo che avrei potuto fare tutta la ricerca che ho fatto e le mie scoperte, magari piccole, sono sempre delle tessere di un puzzle per poter curare malattie come il diabete».
Negli Usa la Rastellini è un infaticabile «supermom», ma per la sua famiglia così come per molte altre donne è anche un pò «wonderwoman», cosa che la fa sorridere. «Questo premio - dichiara all'AdnKronos - lo dedico a tutte le donne, qualunque sia il loro lavoro, che riescono anche a gestire una famiglia, perchè so quanto è faticoso».
Un pensiero speciale và però alle donne italiane: «Negli ultimi 20 anni ho visto spesso l'Italia seguire l'America e spero che l'Italia sia in grado di mantenere prima di tutto la sua struttura famigliare, imparando però ad apprezzare l'enorme lavoro di donne eccezionali che, con i loro compagni altrettanto eccezionali, riescono a gestire lavoro e famiglia».
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