da Roma
Il centrodestra, in testa Forza Italia e Alleanza nazionale, insiste. Dopo aver letto gli atti della Procura di Roma, sono indispensabili le dimissioni del viceministro all’Economia, Vincenzo Visco. Non solo: anche il governo deve giustificarsi e tornare in Senato per chiarire perché quest’estate lo stesso ministro Tommaso Padoa-Schioppa non solo difese a spada tratta Visco, ma infangò Roberto Speciale, senza risparmiare dure accuse all’ex comandante generale della Guardia di Finanza.
Alla Procura capitolina il numero due di via XX Settembre ha cercato di giustificare le pressioni fatte sul numero uno delle Fiamme gialle per far spostare dalla Lombardia quattro ufficiali, già impegnati nelle indagini sulle scalate bancarie e altri importanti casi.
Una serie di motivazioni smentite dai fatti secondo gli stessi magistrati, che hanno chiesto l’archiviazione delle accuse di abuso e minacce nei confronti del viceministro, ma hanno insieme smantellato le sue argomentazioni e definito «illegittima» la sua condotta.
Il capogruppo azzurro al Senato, Renato Schifani, punta il dito non solo su Visco, ma sull’intero esecutivo che ne ha preso le parti senza esitazione.
«Sul trasferimento degli ufficiali della Guardia di finanza - dice Schifani - Visco ha mentito non una ma tre volte. La dignità politica imporrebbe una sola via d’uscita: le dimissioni». Ma insieme il senatore azzurro chiama il governo a giustificare in Parlamento il fatto «di aver preso le difese di un viceministro che, alla luce dell’inchiesta, risulta aver posto in essere un comportamento gravemente illegittimo e quindi politicamente censurabile e inaccettabile».
Non si trattò solo delle durissime parole pronunciate il 6 giugno a Palazzo Madama da Padoa-Schioppa, che accusò Speciale di «slealtà e inadeguatezza», «mancanza di trasparenza, di prudenza e di riservatezza», «opacità di comportamenti, una gestione personalistica e anomala» e aggiunse che «la continua distorsione di regole e procedure ha portato il corpo dall'autonomia alla separatezza». Le parole erano già state precedute dai fatti e il Consiglio dei ministri aveva rimosso il generale, sostituendolo con Cosimo D’Arrigo, mentre a Visco venivano solo ritirate temporaneamente, per «opportunità», le deleghe alla Guardia di finanza.
Il tutto nello stesso, contestatissimo decreto che la Corte dei conti ha con molte difficoltà registrato, trovandolo viziato da irregolarità e avvertendo il governo che per il futuro la procedura doveva essere ben diversa. Rilievi da parte della magistratura contabile che accreditano la previsione che Speciale possa vedere accolto il suo ricorso al Tar del Lazio, che il 7 novembre potrebbe annullare la sua destituzione, reintegrarlo al vertice della Guardia di finanza e anche riconoscergli i 5 milioni di euro di risarcimento che chiede.
Gli ultimi sviluppi della vicenda, secondo l’opposizione, hanno continuato ad aggravare la posizione politica di Visco, anche se penalmente non ci saranno ripercussioni.
«Più si leggono gli atti della Procura di Roma - afferma il vicecoordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto -, più è evidente che Visco si deve dimettere». Secondo l’azzurro, «il nuovo che emerge da quelle carte è non solo che egli ha fatto pressioni illegittime per rimuovere alcuni ufficiali della Guardia di finanza di Milano, forse anche per le indagini riguardanti settori di interesse di una parte dei diessini, ma che il suo obbiettivo più generale era quello di mettere sotto controllo l’economia milanese».
Per Cicchitto, Visco è «pericoloso» per almeno due motivi: «la sua estremista politica fiscale che contribuisce a soffocare la crescita economica e perché vuole usare la Guardia di finanza per scopi politici».
Anche il presidente dei senatori di An, Altero Matteoli reclama le dimissioni di Visco.
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