Nell'anno diecimila cento e spiccioli l'umanità dimostra di averci capito ancora abbastanza poco. E Leto Atreides accetta di governare il misterioso pianeta Arrakis, dove prospera una spezia - leggasi droga - capace di far volare con gli anni, i sogni, le esperienze e la preveggenza. Insomma lsd in proiezione futura. Il desertico Arrakis, noto anche come Dune, è abitato da una popolazione selvaggia e nomade, i Fremen, dalle sembianze arabo-beduine ed è infestato da tremendi vermi della sabbia. Insomma, basta poco a leggere fra le righe per trovarvi un insieme di temi attualissimi, trasferiti nel domani. La «guerra santa» scoppiata dopo la morte di Leto Atreides ad opera dei nemici Harkonnen e il desiderio di vendetta di Paul Atreides mettono una di fronte all'altra i nemici e le minacce di due «religioni» che tali appaiono anche nel fantascientifico film di Denis Villeneuve, un tipo incapace di accontentarsi. Al punto che nel film entrano altri riferimenti come la distruzione del pianeta e la minaccia di mostruosi individui striscianti nel sottosuolo. Un clima arido e surriscaldato dove forme di vita animale sono pressoché inesistenti ma l'odio e le armi se la passano benissimo. Insomma, vietato vederci un «come saremo» ma non è pellegrino immaginarsi un «come potremmo diventare» se decidessimo di andare avanti sulla strada intrapresa tra odio razziale, religioso, distruzione del pianeta e spezie che allungano la vita e danno una capacità premonitrice ai sogni. Cast stellare con presenze non sempre identificabili facilmente per merito di un trucco destabilizzante o abiti che coprono - quasi improvvisati burqa - come per la mitologica femmina alfa interpretata da Charlotte Rampling.
Effetti speciali e sequenze da grande cinema che possono essere apprezzate solo e rigorosamente su un grande schermo, destino unico per il quale il regista ammette di aver lavorato, rassegnandosi all'attesa per la riapertura dei cinema senza passare dalle piattaforme dei mesi del covid. Bentornato kolossal.
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