Così Renzi vuole cambiare la Rai

Domani la prima bozza di riforma a Palazzo Chigi: un manager, reti specializzate e una senza spot

Così Renzi vuole cambiare la Rai

Niente partiti dalla Rai, via i doppioni, le architetture barocche e i cavilli burocratici, un manager vero e una rete su tre senza spot: ecco la Rai sognata da Matteo Renzi che domani porterà il suo documento strategico in Consiglio dei ministri.

Dopo aver raccolto spunti e contributi dei ministeri competenti, dal Mef al Mise all’Istruzione, e della trentina di esperti di comunicazione, il premier ha deciso di stringere in vista di un ddl sulla Rai che arriverà nelle prossime settimane quando il Pd avrà concluso il confronto con i partiti interessati ad una riforma della governance della tv pubblica che metta al centro non la politica ma la qualità dell’informazione.

Per il premier la Rai deve diventare "media company" di livello (e non "una municipalizzata di provincia") che gareggi "con i grandi network a livello mondiale" e diventare un’azienda che esporta all’estero "fiction che raccontano l’Italia", come si legge nel documento. E poi serve razionalizzare l'informazione e specializzare le tre reti. In particolare, nel confronto con i membri dem della commissione di Vigilanza sarebbe emersa l’ipotesi di una rete generalista, una per l’innovazione, la sperimentazione ed i nuovi linguaggi e una più culturale, più di servizio pubblico e magari senza gli spot pubblicitari.

Altro capitolo la governance, con una limitazione del cda (e della politica): visto il tema delicato alcuni fedelissimi del premier ipotizzano che, come per il ddl sulla scuola, il presidente del consiglio

proverà a lasciare la riforma della Rai al dibattito parlamentare per poi intervenire, anche con un decreto, per mandare in porto un cambiamento che considera essenziale tanto quanto il jobs act o la riforma costituzionale.

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