Il divino Amadeus incantò Roma

A 14 anni, ascoltò il "Miserere" di Allegri e lo riscrisse a memoria

Il divino Amadeus incantò Roma

La vicenda che ruota attorno al Miserere di Allegri trascritto a memoria da Mozart è una delle più romanzesche della storia della musica. Composta da Gregorio Allegri attorno al 1630, la composizione a 9 voci scritta sul testo del Salmo 50 divenne ben presto uno dei brani di punta del coro della Cappella Sistina: Madame De Staël la definì «una musica santa, che induce alla rinuncia di tutte le cose terrene. Un verso che risuona come una musica celeste». Non era il brano in sé a destare meraviglia e stupore - la costruzione polifonica è, infatti, piuttosto semplice quantunque affascinante nella drammaticità delle armonie - quanto, piuttosto, l'abilità del coro papale che, secondo l'uso dell'epoca, sul canovaccio offerto dallo spartito riusciva a fiorire la musica con virtuosismi, abbellimenti, variazioni, cadenze ed effetti tali da ammantare il brano di un fascino unico e irripetibile. E infatti i papi ordinarono che quello spartito non potesse essere trascritto o copiato proprio per preservare l'unicità che era in grado di dargli la Cappella Sistina.

E poi a Roma, con suo padre arrivò Mozart, quattordicenne, e l'11 aprile del 1770 ascoltò in il Miserere diretto dal maestro Giuseppe Santarelli, lo trascrisse a memoria e, qualche giorno dopo, il 13, vi tornò per ascoltarlo una seconda volta per verificare la correttezza del suo lavoro.

Una storia, come dicevamo, talmente ideale da essere raccontata, al punto che Giacomo Cardinali ci ha scritto un libro. Leggendo Il giovane Mozart in Vaticano. L'affaire del Miserere di Allegri (Sellerio, pagg. 264, euro 18) talvolta ci si dimentica se si stia leggendo un saggio o un romanzo o tutt'e due, perché in effetti i due stili qui si intrecciano a ogni pagina: è un saggio che si legge appassionatamente come un romanzo e, al contempo, è un romanzo che ha la veridicità e il rigore storiografico di un saggio. Cardinali, grazie alla sua perizia di filologo e paleografo, ricostruisce tutta la vicenda della trascrizione a memoria con cronache e documenti inediti alla mano.

La documentatissima narrazione principale si intreccia con altre avvincenti storie.

Come quella di Carlo Cristofari, il cantore castrato di Novara che partecipò proprio a quell'esecuzione del 1770 dopo essere entrato nel coro della Sistina grazie a una raccomandazione nientemeno che del papa e che scambiò due chiacchiere con Mozart. E a questo punto il libro sembra proprio un romanzo. Ma non lo è.

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