Fede, violenza, scrittura e... panini. L'autobiografia in 25 tappe di Andre Dubus

Dopo l'incidente del 1986 lo scrittore rivive i momenti chiave della sua esistenza

Fede, violenza, scrittura e... panini. L'autobiografia in 25 tappe di Andre Dubus

«Quasi cinque anni fa, sono stato investito da un'auto. Ho perso una gamba dal ginocchio in giù e l'uso dell'altra, e da allora sono costretto a stare su una sedia a rotelle. Ogni giorno mi manca non poter fare quel che ero abituato a fare: stare in piedi, camminare, fare lunghe passeggiate per tenermi in forma. A poco più di un anno dall'incidente, il mio matrimonio è finito; le mie due figlie, ora di otto e quattro anni, vivono con la madre. Sto spesso con loro, ma raramente passano la notte da me. Perciò, quasi tutte le mattine mi sveglio da solo. Ogni giorno è una lotta contro il dolore, dove ogni azione fisica nella casa vuota mi ricorda ripetutamente ciò che ho perso. Non riesco a vincere questa lotta da solo».

È uno dei tanti commoventi passaggi di Riflessioni da una sedia a rotelle, antologia di 25 saggi intimi e privati di Andre Dubus, in libreria nei prossimi giorni per Mattioli 1885 (pagg. 176, euro 16, traduzione di Nicola Manuppelli). Dubus (1936 - 1999) è un maestro del racconto breve, grazie al suo caratteristico stile diretto ed elegante. L'incidente automobilistico del luglio '86 che gli costò la sedia a rotelle incise tragicamente nella sua esistenza. Quell'esperienza, la sua conseguente lotta fisica e la fine del suo matrimonio li ha descritti nel primo volume di saggi Vasi rotti. Queste venticinque «riflessioni» sono decisamente migliori e raggiungono vette narrative degne dei celebri racconti: una testimonianza della vulnerabilità, della visione e della fede indistruttibile dell'autore. Che stia scrivendo dello stupro di sua sorella e del suo tentativo di perdonare l'uomo che l'ha violentata, della sua fede cattolica, del suicidio di un ufficiale della Marina omosessuale, della sua ammirazione per scrittori come Hemingway e Norman Mailer, o del semplice atto di preparare i panini per il pranzo delle figlie, Dubus va dritto al cuore delle cose. Leggendolo troviamo un artista il cui lavoro «è soffuso di grazia e di quieta disperazione». Meditando su eventi e persone nella sua vita prima e dopo l'incidente, Dubus ci conduce nello spazio interiore di sofferenza, paura, malumore, stoicismo e fede religiosa. Come il personaggio di Hemingway che descrive in Un racconto di Hemingway ha superato e non ha superato le conseguenze del suo incidente, mentre tra le pagine del saggio Sacramenti racconta li dolore emotivo di portare avanti una relazione amorosa per telefono a causa della mobilità limitata e i «sacramenti» ricevuti per imparare a guidare l'auto appositamente attrezzata e per fare un affare con un appaltatore di piscine.

Concludendo con il ricordo della morte del padre, Dubus nota che «non avevo vissuto abbastanza e perso abbastanza» per riconoscere la grazia che accompagnava il dolore passato. Allo stesso modo, il lutto - per ciò che non può più fare - e la gratitudine - per ciò che una volta era in grado di fare - vanno di pari passo quando ricorda la gioia di correre per chilometri in Una canzone su una strada di campagna.

La memoria del corpo e le perdite subite sono importanti anche nel racconto dell'incontro con l'attrice Liv Ullmann.

In queste «riflessioni» c'è una «quieta disperazione» che ha passaggi magistrali, pieni di speranza e di ricchezza per chi legge e per chi scopre per la prima volta la grandezza di questo scrittore.

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